martedì 24 settembre 2013

Il suono del silenzio


Essere empatica mi riesce difficile.
Ascoltare gli altri con un coinvolgimento emotivo autentico, com-patire, immedesimarsi. E' raro.
Più spesso, analizzo, raccolgo dati, propongo soluzioni, spesso plausibili e azzeccate, mi compiaccio di questo.
Mi succede anche con me stessa. Non mi ascolto con l'istinto, quando vivo emozioni forti mi gira la testa, mi sembra di essere al di fuori di me, incapace di vivere nell'attimo, di assaporarlo, di non pensarci su come se fosse un problema di geometria solida.

Dio, che menata filosofica.

Ho provato a mutare la forma delle cose.
Lasciarmi trasportare dal silenzio che riempie gli angoli di casa, mentre sono da sola.
Viverlo, farmi trapassare e imbibire come una spugna.
Sconfiggere i confini delle mie dita fino a riuscire a guardare il contesto nella sua infinitesimale bellezza.

Ho scoperto i dettagli, quelli che possono salvarmi.
Dalla noia, dall'inettitudine.

Scaldare la tazza, tuffare una bustina, bere.
Il calore che scende piano, nel palato, nella gola, nello stomaco.
Pausa. Un altro sorso. Daccapo.

Guardare fuori, il tramonto.
Non ignorare il brutto, l'intruso rumoroso, ma renderlo parte di un paesaggio che diventa, in un certo modo, evocativo e bellissimo.


Guardare dentro, stendermi sul letto.
Contare le righe delle lenzuola, le rughe del copriletto. 
Immaginare il tepore che c'è dentro.
Lasciarmi andare nella forma presa dal materasso, con me sopra.


Tirare le gambe al petto, abbracciare le ginocchia, dondolare sulla sedia.

Chiudere gli occhi, ascoltare.
Il silenzio, il suo suono innaturale, devastante, enorme, catartico.
Sprofondare e perdersi, per un secondo, un minuto, un'ora.

Riemergere.
Alzarsi.
Ritornare.
Ripartire.

 

giovedì 19 settembre 2013

Traguardi e sconvolgenti verità

Complice il fatto di essere andata al cinema dopo un'estenuante ora di palestra per vedere un orrendo film con Matt Damon (Elysium: non fatelo), sono riuscita a passare abbastanza indenne la notte, o almeno, diciamo che ho dormito dall'una alle sette interrotta solo un paio di volte da una zanzara molesta vicino all'orecchio. 

Vi assicuro che, visto il periodo e viste le mie occhiaie, sono grossi traguardi.

Per festeggiare cotanta interessantissima notizia, ho deciso di condividere una sconvolgente verità alla quale io e il consorte siamo arrivati dopo un weekend di droga televisiva, ovvero

Simone Rugiati è Dexter e (forse) non lo sa.





Eh, lo so, son cose che segnano...

 

martedì 17 settembre 2013

Insonnie

Apro gli occhi. 3:46.
Primo pensiero: fossero state le 3:07 avrei pensato di trovarmi quel film dell'orrore che ho visto la settimana scorsa. Bel film, davvero.
Madò che mal di schiena. La palestra, certo, colpa della palestra.
Vabbè ora mi riaddormento, dai. Mi riaddormento.
Macchè.
Provo a muovermi. Mi accorgo che la mia mano è intrecciata alla tua, sopra la mia testa.
Piano piano, la stacco e mi metto supina. Tu di riflesso ti muovi, ti giri sul fianco destro e mi dai le spalle.
Cerco di portare avanti un esercizio di rilassamento dei muscoli, che mi accorgo essere tesi e contratti, partendo dai piedi e via via più su, le gambe, la schiena, le spalle, le braccia. Mi fermo ai piedi, poi i pensieri si affastellano e mi impediscono di cedere al sonno.
C'è vento, domani pioverà.
A settembre non dovrebbe fare questo freddo, non di già.
Domani mattina cosa posso fare.
Aspettare la mail, mettere la felpa, aspettare la telefonata, guardare un telefilm, o due, magari tre.
Chissà se il Mulo ha finito di scaricare quegli episodi.

4:03.
Sta succedendo di nuovo. Non dormo.
Un'amica mi ha consigliato, in questi casi, di alzarmi e andare a fare pipì, così poi sono più rilassata e posso riaddormentarmi. Ok, proviamo.
Mi alzo. Accendo la luce del bagno cercando di aprire gli occhi il meno possibile. Che schifo, un insetto sul bordo della vasca. Checcazzo. Ti sveglio? No, dai, posso farcela da sola.
Vado in cucina, accendo la luce (chissà, magari con tutte queste luci accese ti svegli...), apro il mobiletto sotto al lavello, prendo lo sgrassatore, ritorno in bagno e stermino l'intruso con tre o quattro spruzzi. Faccio pipì, ma ormai non credo più nell'efficacia del metodo: troppi imprevisti.
Scarico pipì e cadavere dell'insetto, spengo la luce, torno a letto a tentoni.

Mi stendo, tu sei supino ora, e russi. Ti spingo un po' (magari ti svegli) per girarti sul fianco. Mi giro anche io e ti abbraccio. Sei caldo, come sempre.
Questa non è la mia posizione, sto scomoda.
Faccio ripartire il giro: supina, poi sul fianco sinistro, poi a pancia sotto, col un braccio sotto il cuscino. La posizione che preferisco. Ma la schiena così torna a farmi male.
Di nuovo supina, di nuovo provo con l'esercizio di rilassamento.
Niente.
Gli occhi formicolano, la testa pulsa.
Il corpo mi chiede di dormire, la testa non ne vuole sapere.
Mi manda in circolo scariche di visioni che accendono la mia attenzione, mi ritrovo ad autodettarmi lettere per più destinatari, lettere che magari scriverò fra qualche mese, magari me le ricorderò.
Chissà cosa succederà.
Chissà come succederà.
Scenari apocalittici portano via disastrosamente tutte le persone a cui voglio bene.
Le spalle sono più contratte di prima.
Mi dico Non aprire gli occhi, Non guardare che ora è.

4:30.
Sono fottuta.
Serve a nulla la tisana, la stanchezza post-esercizio fisico, il sonno delle 11 e mezza.
Fortuna che domani non devo andare a lavorare.
Fortuna? Fortuna una beata m...
Quando non dormo divento scurrile.
Penso troppo.
Penso e sbadiglio e mi stiracchio. E no, non va bene, così tendo a svegliarmi ancora di più.
Dai, ti prego, ti prego, cedi.

Non so quanto va avanti. Certo almeno un'altra mezzora buona.
Fuori il vento continua a fare un casino dell'ottanta, sento gli oggetti sul balcone che rotolano da una parte all'altra, poi, a un certo punto, più nulla.

Vieni a svegliarmi, alle sette e quaranta. Hai preparato la colazione e sei dolce, premuroso, mi rendi lieve l'inizio della giornata, perché sai, tu lo sai.
Te ne sono grata, infinitamente.


giovedì 12 settembre 2013

Buona idea, Cattiva idea #3


Buona idea: Tenere aperto il balcone e far entrare in casa la piacevole brezzolina di settembre.

Cattiva idea: Tenere aperto il balcone e fare entrare in casa un fottutissimo piccione che, colto alla sprovvista da un urlo di terrore, svolazza per il salotto, sbatte al soffitto, si impiglia nella tenda e, solo alla fine, vola via.


lunedì 9 settembre 2013

Anonima bloggatori

Un paio di giorni fa mi è successa una cosa. 
Ho scoperto - per caso - il blog di una persona che conosco da molto tempo, un blog che esiste da molto tempo e di cui non sapevo nulla (anche se sospettavo qualcosa).
E', come molti, un blog semi-anonimo, nel senso che chi lo scrive decide di mantenere celata la propria identità a vari livelli, e comunque preferisce che le persone che la conoscono non leggano.

Questa scoperta mi ha fatto riflettere sulle dinamiche non scritte della blogosfera e soprattutto sui pensieri che stanno dietro le scelte dei bloggers: dichiararsi senza veli o inventarsi un alter ego irrintracciabile che viva solo ed esclusivamente all'interno di un mondo virtuale.

Partiamo da me.
Io ho scelto di scrivere firmandomi col mio nome di battesimo, ma non ho mai pubblicato una mia foto, tuttavia condivido sempre i miei post sul mio profilo facebook, in modo che chi mi conosce, se è incuriosito, venga a leggere ciò che blatero qui.
E' un controsenso?
In parte sì.
Nel senso che sicuramente sapere di avere un pubblico che non mi conosce mi libera di moltissimi filtri sociali e di pudori automatici, ma nello stesso tempo la consapevolezza di avere anche lettori che possono ricondurre ciò che scrivo ad un mio vissuto reale, al mio nome e al mio cognome, mi stuzzica, mi sprona a liberarmi da vincoli che spessissimo tengo ad allacciare nelle interazioni faccia a faccia normali.
E' anche - come ho già dichiarato altre volte - un peccato di vanità, senza dubbio.

Conosco moltissimi bloggers (direi il 90% del totale) che mantengono nettamente distinti e lontani i propri dati sensibili dai contenuti dei loro post e dai loro commenti e, per carità, ne intuisco tutti i perché: libertà di dire senza paura di offendere o ledere la suscettibilità di qualcuno, voglia di essere altro da ciò che si deve essere nella quotidianità del mondo reale, opportunità di confessarsi con un grado di intimità che - buffo! - non si ha quasi con nessuno nelle relazioni interpersonali normali.

Ci sono anche persone che, al contrario, dichiarano sin da subito la propria identità, scrivendola in cima, sotto il titolo del blog, o tutt'al più nella nota del profilo. Questo, credo, sia dettato da una sostanziale assenza di contenuti realmente intimi nei post, oppure alla legittimissima volontà di dare un corpo anagrafico alle opinioni che si sceglie di condividere.

Non so, potendo tornare indietro, cosa farei.
Probabilmente sceglierei anche io di celarmi dietro un nickname che salvaguardi il mio diritto a dire qualunque - qualunque - cosa su chiunque - chiunque. Ma forse perderei un brivido, quello che accompagna ogni volta lo schiacciare il tasto "condividi", in fondo al post, e che tante volte si è trasformato in carezze virtuali da persone che non pensavo avrebbero potuto e voluto dedicarmi del tempo. Il che, ovviamente, è tutt'altra cosa dalla sensazione impagabile di incontrarsi e scontrarsi con persone che leggono e commentano le tue parole senza avere la minima idea di come tu sia fatta al di fuori di ciò che racconti in prima persona.
Quindi, a conti fatti, meglio così.
Ma mi piacerebbe sapere come la vivete voi, la vostra condizione di bloggers mascherati o dichiarati, se la cambiereste, o perché non ci pensate proprio.

E, a margine, vorrei dire una cosa alla persona proprietaria del blog che ho involontariamente "sgamato" (che so quasi per certo che leggerà queste mie parole): non so se ti ha fatto piacere che sia capitata dalle tue parti (in tutta sincerità, non credo!), ma mi dispiacerebbe enormemente se il mio palesarmi come commentatrice nel tuo blog scatenasse in te un'autocensura per il futuro... non che mi creda tanto importante, ma volevo metterlo in chiaro, non si sa mai... ;)


sabato 7 settembre 2013

Cose belle

Un amico che si palesa in casa tua di venerdì sera, mentre il consorte è a giocare a calcetto, per farti un meraviglioso mojito e riempirti di nuovi videogiochi.




giovedì 5 settembre 2013

Galleggiando

Negli ultimi giorni ho letto più di un post, nelle case dei blogger che frequento, dedicato a Settembre, a quanto questo mese sia a tutti gli effetti un 'capodanno' psicologico e concreto, e al fatto che per questo merita di essere celebrato e accolto con entusiasmo e aspettative.

I miei ultimi settembri sono stati effettivamente conformi a questo stereotipo: solo l'anno scorso, di questi tempi, stavo per concludere gli esami della specializzazione e firmavo ben due contratti di lavoro. Oserei dire, ben oltre le mie più rosee aspettative...

Quest'anno... mah.
Galleggio.

Da giorni ormai, vivo in una specie di bolla adimensionale, acronica, silenziosa.

C'è che la mia precarietà mi salta addosso con violenza sempre uguale, non appena ne ha l'occasione, e mi colpisce, mi ferisce, mi fa vacillare.
C'è che quando questi attacchi arrivano, mi accorgo con lucidità di quanto labile sia la mia rete di sostegno, qui fra le Alpi.

Non so perché sia così.
Vivo qui da quattro anni ormai, eppure le persone da chiamare quando la malinconia è troppa e i punti fermi barcollano sono pochissime, a volte non è nessuno.

Mi rendo conto che forse è fisiologico, che i legami di amicizia più forti si riescono ad instaurare solo prima, a scuola, o all'università. Mi rendo conto, più che altro, che per me è stato così. E che quindi, per forza di cose, adesso sono tutti legami lontani.
Roma, Catanzaro, o punti dispersi dell'Italia, del Mondo, per chi, come me, ha dovuto e voluto spostarsi ancora, spostarsi più in là.
E sì, mi mancano, soprattutto in momenti come questo.

Momenti galleggianti.
Momenti che passo da sola. Cercando a più non posso di far scorrere l'orologio in fretta, occupando mente e mani in altro, in roba futile, visto che adesso sono obbligata a non lavorare, ad aspettare (si spera poco) che cose si sblocchino, o ripartano.

Ho voglia di stare o contatto con la gente, di vestirmi, truccarmi e uscire, vedere, parlare, conoscere. Per poi tornare e godermi casa mia, che deve smetterla di essere anche - ultimamente soprattutto - un ufficio.

Ho sbirciato timidamente siti di associazioni culturali, scuole di danza, volontariato, coworking, e boh. Non so. Ma accetto consigli.
Salvagenti.
Zattere.
Pedalò.
Boe.

Per continuare a galleggiare.

Poi magari, se capita, entro la fine del mese due bracciate riesco pure a darle.

domenica 1 settembre 2013

Cielo di settembre

Storie di disfatte.
Sono cresciuta con una cultura musicale bizzarra, un allegro random saltellante da Guccini e De Gregori ai Blink 182, passando per un genere che tuttora interviene nei momenti malinconici per regalarmi sferzate di allegria e di saltellante ritmo in levare: lo ska.

La cifra che più mi piace dello ska è la spensieratezza, che prende forma in melodie ultraritmate che ti invitano a ballare, a molleggiarti a destra e sinistra, e in testi la maggior parte delle volte dissacratori, bislacchi, nonsense.

E che vuoi di più.

Succede però che taluni gruppi decidano, con gli anni, di modificare questo approccio stilistico, e di cedere alle lusinghe neomelodiche della musica pop più becera, solicuoriamori, vocalizzi nasali, luoghi comuni più che triti direi maciullati. 

Disfatte, dicevo.

I Matrioska, nello specifico.
Buon dio, come vi siete ridotti.

Ditemi voi come si fa a passare da questo:

Guarda questo guarda quello posta o postino 
Little Tony brevettare l'eritelio m'incammino 
mangiatore biforcuto di un aristide cornuto chi lo sa..
Trafficante di pinguini in Tunisia 
pornodivo in un asilo da 10 anni in carestia 
calcolare la tangente della fame della gente chi lo sa... (Trafficante di pinguini - 1999)

A questo:

Cielo
si apre una ferita
credevo già guarita
ormai rimarginata
cielo da guardare che mi farai male
cielo non lo sa mi condizionerà per un eternità
cielo siamo qua soli io e te vendimi la stella più bella che c'è 
e portala da lei puoi farlo solo tu lo sai non posso darle di più. (Cielo di settembre - 2007)

Aiuto.
Aiuto aiuto.

Son cose che segnano e che indignano, signori miei.

Cielo di settembre. Ma si può. Ogni anno arriva la mezzanotte  fra 31 agosto e 1 settembre e questo strazio ritorna peggio che mai.

Che poi a me settembre piace, perdiana, non mi par giusto denigrarlo con una robaccia smielata che ne decanta le proprietà di fine-estate come se tutto potesse essere ridotto a spiagge deserte, ricordi da Rimini Rimini sbiaditi e abbronzature che vengono lavate via.
Ennò, porcapupazza.

Si tratta, si tratterebbe, di amplificare sensazioni differenti, malinconie inespresse magari, e venticelli piacevolmente freschi, e notti insonni non per causa del caldo, e progetti da cominciare e ricominciare, e cose che prendono forme nuove, e aspettative, e paure, e...
Ma di che, di chi stiamo parlando?
Vabbè, facciamo che ve la racconto un'altra volta, questa storia...