martedì 26 novembre 2013

Strategie vincenti

Domani vado a Roma.
C'è una cosa abbastanza istituzionale e abbastanza importante, lavorativamente parlando, che magari poi vi racconto al ritorno, giusto per tediarvi un po'.
Ma concentriamoci sul focus, perdiana: domani vado a Roma!

Si vede il sorriso a trentadue denti?

No perché non ce n'è: Roma è una droga di quelle che ti fa andare in crisi di astinenza, se non provvedi con una dose almeno una volta l'anno. E io, fatti due conti, manco da Roma esattamente da novembre dell'anno scorso.

In quell'occasione fui baciata da un cardinale.
Ma sorvoliamo, per carità.

Insomma, ve l'ho detto che domani vado a Roma? Sì?
E quindi niente, sto preparando la valigia per i prossimi cinque giorni, perché, già che sono in zona, sabato e domenica faccio un'altra puntatina in Umbria dalla nipotina ultima arrivata (che anche lì, quanto a crisi di astinenza, non si scherza).
La settimana scorsa, complice la venuta in Sabaudia della mater, ho fatto acquisti.
Non sia mai che ti presenti al mondo professionale come una sciancata!
Fortunatamente ho evitato l'ipotesi tailleur-seduta-di-laurea e in compenso ho un sacco di nuovi vestitini.
Promod ti amo con tutta me stessa. La nuova collezione c'ha pure le gonne svasate. Luccichiii invadono prepotentemente i miei occhi.
Per cui in valigia ci metto soprattutto gonne e vestiti svolazzanti ma casual, adatti all'occasione seria ma anche al weekend familiare.

Unico neo: son tutti di cotone.
Dice, ma è fine novembre, fuori fa meno tre e c'è il sole solo se ti dice culo.
Ci ho pensato, malfidati che non siete altro.
Sotto al vestitino primaverile, se e quanto sarà d'uopo, c'ho la canottiera lanaeseta.

Tiè.
Che fine stratega.
Napoleone lèvate.



domenica 24 novembre 2013

Buona idea, Cattiva idea #5



Buona idea: in previsione delle abbuffate natalizie, provare a mettersi a dieta un mesetto prima.

Cattiva idea: in previsione delle abbuffate natalizie, provare a mettersi a dieta e un mesetto prima dedicare la domenica alla sperimentazione delle arancine con la nutella.


mercoledì 20 novembre 2013

Rinnovi

- Ho chiamato la padrona di casa
- Per...?
- Per il rinnovo del contratto, sono passati quattro anni.

Ah.
Caspita. 
Me lo ricordo bene, il giorno in cui siamo andati a mettere la firma in agenzia, c'erano i padroni di casa veri ultranovantenni che a stento tenevano la penna in mano e scrivevano con la calligrafia di un bambino delle elementari, e la figlia (la padrona effettiva) che continuava a chiamarti 'ingegnere' pernsando di darti un tono.

L'agente ci ha dato il mazzo di chiavi con un portachiavi orrendo, a forma di casa, con l'indirizzo scritto a inchiostro blu di sopra e ci ha detto: 'auguri'.

Noi siamo andati a festeggiare nella pizzeria sotto casa - casa nostra - io ero a dieta e ho preso l'ananas, tu i profiteroles.

Se ci penso, mi sembra di aver fatto una follia.
Due mesi prima tutto era così diverso nei miei progetti, così chiaro e concreto. 
E se niente è andato come volevo che andasse, forse è stata una benedizione.
No, è stato un miracolo.

Che davvero, alla fine, le cose che non ti aspetti, che non programmi, si rivelano le più stupefacenti. Nonostante siano faticosissime.

Quattro anni fa a quest'ora tornavo a Roma a impacchettare le ultime cose e a salutare la casa che avevo occupato per 6 anni, anni che ancora mi porto addosso, con tutto il loro carico di esperienze e cambiamenti e persone e luoghi.
Abbiamo caricato un furgone scassatissimo che ci avrebbe obbligato a un viaggio epico e tragicomico da Roma a Torino, passando per Assisi, sotto venti fortissimi e acquazzoni che non hanno risparmiato i libri e il materasso, là dietro nel cassone.
Ricordo che poco prima di partire la mia coinquilina (che poi davvero coinquilina è riduttivo) si è improvvisata vigile urbano per farci fare un pezzo di vicolo contromano nell'ora di punta e dopo, a salutare lei e l'altra, ce l'ho fatta per un pelo a non crollare.

Abbiamo montato mobili e continuiamo a montarne ancora, in questo posto che abitiamo e che ci somiglia ogni giorno di più, con i miei libri che sono sempre troppi e il tuo cioccolato e la tua raccolta di scontrini che occupano gli angoli più bui.

Ieri, per dire, abbiamo comprato dodici bicchieri. 
Perché quelli che avevamo non bastano per la cena di Natale.

E queste stanze sono davvero più belle quando si riempiono di gente, perché ci siamo noi ad aprire la porta, noi che siamo un'entità riconoscibile e questo contesto che ci accoglie comodo ed intatto, e le persone che di mese in mese, di anno in anno, ci piace avere intorno per tutto quello che rappresentano: tutto quello che abbiamo costruito e tutto quello che da loro prendiamo, a mani basse.
E se mai è possibile trovare un puntolino di significato, allora è proprio questo. 
Ed è l'unica cosa che voglio chiamare: casa.




martedì 12 novembre 2013

Metti due nipoti per casa

Che poi uno dice: non aggiorni mai il blog, che fine hai fattto?, non è che sparisci un'altra volta?
No, non lo farò.

E' che, come ho piuttosto laconicamente anticipato, il periodo è di quelli fitti fitti di cose e per davvero il tempo del cazzeggio informatico è ridotto a meno enne.

Se poi ci metti che pure il weekend viene trascinato da altre più importanti priorità, allora...

Perché metti due nipoti per casa.
Metti ste due che una sull'altra non arrivano alla tua infinitesimale altezza, metti che sono due femmine nel pieno del loro manifestarsi in duecentocinquanta sfumature di rosa - vadasé, anche rosa glitterato - e canzoncine e balletti.
Metti che si sono fatte con mamma e papà una transvolata dall'equatoriale Palermo all'autunnalissima Torino solo per andare a casa degli zii per un paio di giorni.

Embé, capisci che no, non c'ho avuto il tempo di sedermi a scrivere qua, sabato e domenica.

Che poi, in realtà, cominci ben prima dell'arrivo ad azzerare la tua pur minima autorità nei confronti di chi l'età la può mostrare ancora facendosi bastare le dita delle mani. E ti vedi, giuliva, fra le corsie del supermercato, mentre afferri compulsivamente nesquik, bauli morbidi amici, paneciok, minibrik di succo di pera e interi pollai di ovetti kinder (con le sorprese dei puffi due).
Ci sarà un motivo se il nucleo portante della parola 'viziare' è proprio ZIA.

Poi arrivano, e te ne fotti se rischi lo sfratto perché saltano e strillano nel tuo appartamento condominiale con le pareti di cartone, e te ne fotti del caos, dei colori in giro, dei fazzoletti smoccolati, perché ce le hai lì solo per te e ti fai colonizzare, ti godi le loro scarpe rosse che ci stanno tutte e quattro in una mattonella e i loro accademici discorsi sui Mylittlepony (che dio li strafulmini, sti equini, però!).

E la grande, che compie otto anni pochi giorni prima della zia (che ne conta 20 in più) che è già così grande e sa un sacco di cose. Lei che ti ricorda Hermione per quella sua saccenza fragilissima e insieme anche te stessa alla sua età, sotterrata alternativamente da libri e barbie, da scuole di danza e silenzi lunghissimi. E tu te la ricordi, quando è nata, e dici 'ma quanto tempo è passato?' e anche 'ma come ha fatto a passare così velocemente, che ieri ti tenevo in braccio infagottata in una copertina e adesso guardati, guardami'.

E la piccola, che è così dirompentemente ribelle e divertente, così allergica alle imposizioni e alla noia, così indipendente. Lei che ti guarda, mentre a stento nascondi uno sghignazzo per qualche sua buffa frase, e ti dice 'ti faccio ridere, eh zia?' C'ha tre anni e mezzo, sta disgraziata, come si fa? Io gliel'ho detto, ai genitori, che prima dei dodici gli porta il fidanzato con i piercing e poi vediamo se il tempo mi darà ragione... 

Hanno fatto il pieno di foglie e di ghiande da riportare ai maestri, ché loro in Sicilia l'autunno lo vedono quasi solo sui sussidiari, e quelle sfumature di rosso e quel rumore fragrante delle foglie cadute sotto le scarpe non li conoscono, e nemmeno quanto può essere grande un fiume e che odore ha, e se somiglia a quello del mare, ma senza il sale.

Sono ripartite ieri e ci hanno lasciato Peppapig ritratta sul frigo con i pixel colorati calamitati e un disegno con due conigli con le orecchie fucsia e blu elettrico.

Le vediamo troppo poco, ecco la verità. E ci accorgiamo tutto di un botto quanto crescono, nell'intanto che accumuliamo chilometri e miglia aeree, e ci commuove il fatto che non si dimenticano di noi, anche se passano mesi, da una volta all'altra.

Ho mostrato loro le foto di Anna sul cellulare: 'questa è la nuova nipotina degli zii', una bimba come voi, che riazzera il conto dell'infanzia e ci sottopone di nuovo daccapo a questo amore immenso e a questo strazio delle distanze. Ma sarà comunque bellissimo e privilegiato, come lo è con voi.
Perché a chi mi ha detto 'questa è la figlia di tuo fratello, adesso sei zia per davvero, è un'altra cosa', rispondo che no, non è un'altra cosa, non c'è differenza.
Non c'è davvero nessunissima differenza.

lunedì 4 novembre 2013

It's so good to let myself surrender



I see a white and open sky
And you know that I feel fine

Se ci fosse qualcuno a chiedermelo, direi che dicembre è il mio mese preferito, per via di quel grosso sbrilluccicoso bailamme noto ai più col nome di Natale, perché c'è il mio compleaano, perché inizia l'inverno e, possibilmente, anche la neve si degna di comparire davanti alla mia imbambolata soglia.

Sta di fatto, però, che stavolta rivaluto il penultimo.

Dead leaves are falling on my way
In a warm and cosy grave

Io te lo dico, provaci: ad andare in bicicletta calpestando il tappeto di foglie gialle e marroni e rossicce, impastate di acqua e terra marrone. Provaci. Si scivola, fai attenzione. Ma guarda, non senti alcun rumore che non sia il vento, o il campanello (se freni, frena piano, che andare giù liscio è un attimo).

And it's gonna be that time
that I like
 
Ho fatto una torta di carote.
Nell'ordine ho pensato:
alle Camille della scuola elementare
a Tappo di Winnie the Pooh
a nonna Papera.
Poi anche, refrigerando invano il medio destro ustionato sulla resistenza del forno nell'atto di estrarre la suddetta, forte della riuscita prova stecchino:
a Sonia Peronaci certe cose non capitano mai.

I love the cold wind of the night
When it comes and give me signs

Ho messo la trapunta pesante e ho costretto il consorte all'uso coatto del pigiama. 
Son vittorie mica da ridere.
E quanto ai segni, secondo me ne raccoglierò un barile, sto mese, me lo sento. 
Complici, mi sa, quei click di prenotazione su trenitalia.it che chissà, chissà.
 
Ho voglia di credere alle promesse che mi faccio.
Ho voglia di mantenerle prima che venga il momento in cui si deve brindare e buonanno, buonannoancheate, cheprogettifai? chepropositihai?
Mi spaventa, quest'anno nuovo che si avvicina ratto ratto, e allora magari se gioco d'anticipo riesco a fotterlo almeno un po'.

And I can sware I hear it says
You will never cry invain

Invano? No, forse non ci siamo capiti: io ho intenzione di ridere, ma di ridere alla grandissima, ché non ho il tempo, né la voglia, né lo spazio per piangere e/o piangermi addosso.
Piuttosto, per ora, ho solo il desiderio di lasciarmi andare, di arrendermi al fluire delle cose, di crogiolarmi come un gatto davanti al camino.
Possibilmente sotto un plaid.
Possibilmente con chi amo.
Possibilmente, goduriosamente, novembrina.

November
November
November
it's so good to let myself surrender