Posto numero 5: Franco Battiato (ancora lui) - Alexanderplatz
No, non è per mancanza di fantasia.
Ti vedo stanca hai le borse sotto gli occhi
come ti trovi a Berlino Est?
Alexanderplatz aufwiedersehen
c'era la neve
faccio quattro passi a piedi
fino alla frontiera:
vengo con te
Berlino ve la racconto senza foto.
Berlino non è Londra, Parigi o Roma, non ha maestose storie antiche o cartoline barocche, non ha fasti secolari, o se ce li ha li tiene sottotraccia, ballerine di fila, devi sporgerti molto e allungare il collo per vederli.
Berlino ha due ombre giganti e scure, come sciarpe sotto al cappotto.
La prima si chiama nazismo.
Lunga, eclatante ombra di catrame, orrore senza filtro, documentato.
Pesantissimo masso ereditato da portare al collo. Una colpa che, fra le mille spine appuntite, causa anche quell'ingiusto pregiudizio nei confronti di una lingua che tanto è bella quando è sussurrata, tanto diviene gracchiante e totalitaria negli slogan degli anni trenta e quaranta, nelle scritte in fraktur, nei messaggi radiofonici del Fuhrer.
I berlinesi non nascondono il nazismo. Non ci provano neanche. Hanno capito saggiamente che l'unico modo per affrancarsi da questo avo scomodo è dichiararsi il più cristallinamente possibili alieni, mostrare tutte le sfaccettature - anche le più triviali - di un fenomeno di massa assurdo, sbagliato, terribile, costoso.
Il nazismo fa schifo, va rinnegato, te lo faccio vedere chiaramente.
La seconda ombra si chiama muro.
E più che un'ombra è una nebbia grigiastra, lattiginosa, che si annida negli angoli, che salta fuori in rivoli che fanno tossire e arrossire.
Il muro - quello che ne resta - è sottile, non alto.
Lo guardi e ti chiedi: come diavolo è possibile.
Come è possibile che questa bobina di cemento che sembra così dannatamente fragile sia stata in grado di fare e rappresentare e condizionare la vita di esseri umani così tanto, per così tanto.
Ma il muro non c'è più, è caduto. Quasi 25 anni fa.
25 anni fa io avevo 4 anni.
Per i tempi della Storia, praticamente è stato ieri.
E forse questo è il problema.
I berlinesi non parlano del muro. Fanno finta che non ci sia, forse che non ci sia stato.
Non so se è stata una mia impressione - probabilmente sì - ma ho percepito come la tentazione di dimenticarlo, di nasconderlo come polvere sotto il tappeto, di dire: distruggiamolo definitivamente e che non se ne parli mai più.
Forse - ho pensato - è ancora troppo presto.
Forse il trauma è troppo recente, non si riesce a mettere bene a fuoco da questa distanza ravvicinata.
Camminavo per la strada e guardando le persone di mezza età mi dicevo: loro c'erano, loro l'hanno vissuto.
E come fanno?
Come fanno a non raccontarlo, a non parlarne?
Berlino è malinconica, nonostante tutto.
Nonostante le efficienze nordicissime, i mezzi puntuali e frequenti, le piste ciclabili, la raccolta differenziata, la civiltà tangibile.
Malinconica e piena di scudi: se piove la gente non usa l'ombrello, l'acqua le scivola addosso, prima o poi si asciugherà.
Non è un problema.
Prima o poi passerà.
Qualunque cosa.
Ci vediamo questa sera fuori dal teatro
Ti piace Schubert?
No, non è per mancanza di fantasia.
Ti vedo stanca hai le borse sotto gli occhi
come ti trovi a Berlino Est?
Alexanderplatz aufwiedersehen
c'era la neve
faccio quattro passi a piedi
fino alla frontiera:
vengo con te
Berlino ve la racconto senza foto.
Berlino non è Londra, Parigi o Roma, non ha maestose storie antiche o cartoline barocche, non ha fasti secolari, o se ce li ha li tiene sottotraccia, ballerine di fila, devi sporgerti molto e allungare il collo per vederli.
Berlino ha due ombre giganti e scure, come sciarpe sotto al cappotto.
La prima si chiama nazismo.
Lunga, eclatante ombra di catrame, orrore senza filtro, documentato.
Pesantissimo masso ereditato da portare al collo. Una colpa che, fra le mille spine appuntite, causa anche quell'ingiusto pregiudizio nei confronti di una lingua che tanto è bella quando è sussurrata, tanto diviene gracchiante e totalitaria negli slogan degli anni trenta e quaranta, nelle scritte in fraktur, nei messaggi radiofonici del Fuhrer.
I berlinesi non nascondono il nazismo. Non ci provano neanche. Hanno capito saggiamente che l'unico modo per affrancarsi da questo avo scomodo è dichiararsi il più cristallinamente possibili alieni, mostrare tutte le sfaccettature - anche le più triviali - di un fenomeno di massa assurdo, sbagliato, terribile, costoso.
Il nazismo fa schifo, va rinnegato, te lo faccio vedere chiaramente.
La seconda ombra si chiama muro.
E più che un'ombra è una nebbia grigiastra, lattiginosa, che si annida negli angoli, che salta fuori in rivoli che fanno tossire e arrossire.
Il muro - quello che ne resta - è sottile, non alto.
Lo guardi e ti chiedi: come diavolo è possibile.
Come è possibile che questa bobina di cemento che sembra così dannatamente fragile sia stata in grado di fare e rappresentare e condizionare la vita di esseri umani così tanto, per così tanto.
Ma il muro non c'è più, è caduto. Quasi 25 anni fa.
25 anni fa io avevo 4 anni.
Per i tempi della Storia, praticamente è stato ieri.
E forse questo è il problema.
I berlinesi non parlano del muro. Fanno finta che non ci sia, forse che non ci sia stato.
Non so se è stata una mia impressione - probabilmente sì - ma ho percepito come la tentazione di dimenticarlo, di nasconderlo come polvere sotto il tappeto, di dire: distruggiamolo definitivamente e che non se ne parli mai più.
Forse - ho pensato - è ancora troppo presto.
Forse il trauma è troppo recente, non si riesce a mettere bene a fuoco da questa distanza ravvicinata.
Camminavo per la strada e guardando le persone di mezza età mi dicevo: loro c'erano, loro l'hanno vissuto.
E come fanno?
Come fanno a non raccontarlo, a non parlarne?
Berlino è malinconica, nonostante tutto.
Nonostante le efficienze nordicissime, i mezzi puntuali e frequenti, le piste ciclabili, la raccolta differenziata, la civiltà tangibile.
Malinconica e piena di scudi: se piove la gente non usa l'ombrello, l'acqua le scivola addosso, prima o poi si asciugherà.
Non è un problema.
Prima o poi passerà.
Qualunque cosa.
Ci vediamo questa sera fuori dal teatro
Ti piace Schubert?