lunedì 21 aprile 2014

Mangia, l'ho fatto io

Dalle mie parti il cibo è un segno di affetto.
Se cucino per te, vuol dire che ti voglio bene.
Se mangi quello che io ho cucinato, vuol dire che mi vuoi bene.
Più ci vogliamo bene, più cuciniamo e mangiamo.

Le donne, dalle mie parti, cucinano da dio. Di conseguenza - o di premessa - vogliono bene come pochi sanno fare. Incondizionatamente e in modo totalizzante.

Vivo lontana dalla mia terra da tantissimi anni ormai, ma più passa il tempo più la mia identità ancestrale ha voglia di venire fuori. Anche a 1300 km di distanza, anche se qui non c'è il mare e non c'è la stessa salsa di pomodoro.

Io: Pasquepasquetta fa brutto, restiamo a casa.
Consorte: Ok.
Io: Faccio gli gnocchi.

Cugina emigrata neotorinese: allora che cuciniamo a pasquepasquetta?
Io: Io faccio gli gnocchi. E la parmigiana di melanzane.
Cugina emigrata neotorinese: Ottimo. Io faccio la crostata di ricotta al caffè e cioccolato. E la secre con la mundicata [bietola saltata in padella con mollica di pane e parmigiano. NdB]. Ma quanti siamo?
Io: Mh... Quest'anno sono tutti partiti... Siamo noi tre.
Cugina emigrata neotorinese: Allora porto anche il mio hard disk da enne Terabyte e ci spacchiamo di film. Ma puoi chiedere a tua madre la ricetta della crostata?
Io: Ok, ok.

Il corollario del teorema di partenza Cibo = Amore è questo: Indipendentemente dal numero di commensali, tu cucina sempre per dodici-quindici.

Io: Mamma, mi serve la ricetta degli gnocchi. E della crostata alla ricotta.
Mamma: E che ci vuole? Una fesseria. Per gli gnocchi... quanti siete?
Io: siamo tre.
Mamma: Due chili e mezzo di patate rosse basteranno. E 500 g di farina.
Io: O_o
Mamma: Per la crostata.. blablabla... il caffè 'a occhio'... blabla... per la consistenza ti regoli... blablabla... il forno a 180°, anche 200°, vedi tu. Che ci vuole?
Io: Vabbè... inutile chiedere dosi più precise, vero?
Mamma: Vero.

Che poi l'identità ancestrale viene fuori quando meno te l'aspetti...

Io: Ha patate rosse?
Fruttivendolo: Sì, quante gliene servono?
Io: TRE chili.

Il passaggio dell'eredità culinaria è qualcosa di prezioso, di solenne, quasi di sacro.
Se sei una donna del sud, cucinare i piatti della tua tradizione familiare è una specie di rito di passaggio, una sorta di iniziazione alla vita adulta.

Mamma: e com'erano gli gnocchi?
Io: buoni... ne sono avanzati metà...
Zia L. (mamma della cugina emigrata neotorinese, di sottofondo): domani li scalda e sono ancora buoni, ma nel forno, non in padella!
Mamma: sì però finiteli, che dopo due giorni la patata va a male

Un'ora dopo

Mamma: e com'era la crostata?
Io: non l'abbiamo ancora aperta... siamo ancora sazi dal pranzo...
Mamma: ah... noi stiamo mangiando lo zuccotto di ziaelisa, è buonissimo.
Ziaelisa (di sottofondo): ma poi il pandispagna [la cui ricetta le avevo chiesto un mese fa] è venuto buono?
Mamma: com'era il pandispagna?
Io: buono, buono.
Mamma: e stasera?
Io: stasera cosa?
Mamma: stasera che mangiate?
Io: O_o
Mamma: domani restatine? ['avanzi' NdB]
Io: Veramente faccio la parmigiana. E la frittata agli asparagi.
Mamma: ah, brava, brava. Al limite quello che avanza lo surgeli.

Il freezer è la panacea a qualunque tsunami gastronomico calabrese.
Il freezer, congiuntamente alla grappa, alla tisana al finocchio, alle sane dormite.

In letargo, come il pitone, che dopo aver mangiato digerisce in sei mesi.

A me, avere alle spalle dieci ore di sonno ininterrotto, per affrontare la pasquetta mi sembra un buon inizio.


lunedì 14 aprile 2014

Elogio della leggerezza

Essere seri stanca.
Avere sempre un aplomb integerrimo, la coerenza dei giusti, l'etica di un comportamento senza macchia.
Vivere nell'iperuranio delle verità pe(n)santi, sempre ad arrovellarsi sul perché e sul per come dei massimi sistemi.
Dimostrare giorno dopo giorno di essere affidabili professionisti e esseri umani civilissimi, cittadini partecipanti, sempre pieni di opinioni su ogni cosa.
Motivare tutto.

Cheppalle.

Ci vuole, ogni tanto, una sana, catartica mandata a quel paese di tutto ciò.
Impacchettare, legandoli ben stretti, i principi, la profondità, gli intellettualismi infilarli in un baule con destinazione Timbuctu (cit.).
Lasciarsi andare.

Possibilmente, saltellando.
Possibilmente, anzi, obbligatoriamente, ridendo a più non posso.

Ho passato, fra venerdì e sabato, 24 ore fra le più bislacche e divertenti della mia vita.

Che succede che arriva il venerdì pomeriggio e già pregusti la pausa del finesettimana, assapori l'arietta frizzantina, ti scarichi in piscina a più non posso, conscia che il bello deve ancora arrivare.

Partiamo, io, il consorte, la cognata in visita, per un ridente paesino nel novarese, per assistere (ma il verbo è invero troppo statico) a un mega concertone ska, inizio alle 23 e 30, conclusione alle 3 del mattino. Tre ore e mezza di musica in levare e molleggiamenti, testi cantati conosciuti da più di dieci anni e altre melodie inedite, spunti per future conoscenze musicali.
La gente che ho intorno è allegra.
Allegra e basta.
Ma quanto è bello?

Torniamo a casa con l'usuale fischio nelle orecchie, un bicchiere rubato del bar che ancora spande l'odore della fetta di limone per tutto l'abitacolo, e il ghiaccio sciolto, e la cannuccia nera.

Nel letto alle 4, col sorriso ebete di chi sa che cosa succederà, poche ore più tardi.

Ve lo ricordate quando vi ho parlato, un annetto fa, del Torino Comics?
E vi ricordate che avevo concluso dicendo che forse forse, magari magari, per l'edizione successiva avrei fatto un pensierino sull'idea di improvvisarmi cosplayer fra i cosplayers?

Che dire... l'ho fatto!
Sono diventata un Minion!! Anzi, per la precisione, io e altri quattro scapestrati (fra cui il consorte e la cognata di cui sopra) siamo diventati un gruppo di Minions meravigliosi!

Per chi, folle, non li conoscesse, i Minions sono questi:


Eh sì, avevamo anche le banane.

Ma la gente che ci ha fotografato.
Ma la capacità di dire addio alla vergogna, alla serietà, alla pesantezza, alla serie infinita di cose da fare e da pensare e da organizzare e da considerare.

La bellissima, bellissima sensazione di sentirsi insieme, nell'ordine: un personaggio dei cartoni animati, una celebrità, un pezzo di un bislacco gruppo di esaltati, un bambino.

Dimenticarsi del mondo reale.
Vivere la coloratissima, divertententissima espaerienza di cinque ore di festa, fuori da ogni regola.

Sentirsi così meravigliosamente leggeri.
E senza fiato spanciarsi dal ridere!



giovedì 10 aprile 2014

Dimmi cosa sogni...

Il ponte altissimo di una nave da crociera, me stessa sdraiata su un lettino a prendere il sole, la borsa poggiata sul tavolino di fianco a me.

Il capitano, reggendo il timone (?), mi si rivolge con una certa urgenza:

- scusi signorina, per l'Abruzzo?

La nonchalance, la sicurezza di google maps:

- giri subito qui a sinistra!

Virata improvvisa di 90°.
La borsa caracolla.
La borsa contro la forza centrifuga.
La borsa perde, scivola giù dal tavolino, giù lungo il ponte inclinato in curva, si dirige pericolosamente verso la ringhiera dell'altissima nave da crociera, la supera, scompare.
Pluff.

Lo sguardo inerme, inebetito, disperato.

Subito dopo, il risveglio.

Ho bisogno di una vacanza.

venerdì 4 aprile 2014

Manifesto



Oggi non lavoro, oggi non mi vesto
resto nudo e manifesto


Ho deciso di anticipare il weekend.

Ho mal di denti, quindi sono giustificata. Ah, non ce n'è bisogno, non siamo a scuola?
Va bene.

Sono fuori dal coro, nettamente diverso
le mode se ne vanno, io resto! E manifesto!


Perché non ho voglia di fare. Non ho voglia di vestire, di dimostrare, di portare prove a sostegno di.
Sono stanca. C'ho la stanchezza nella cervicale e nelle occhiaie.

Penso a meno stress e più farfalle
meno chiacchiere alle spalle


Più leggerezza, ci vuole. Meno pretese, cacchio. Meno bisogni inenarrabili di vedere le cose che vanno secondo una logica - la mia - che non fa sconti, che si basa su: lealtà, gentilezza, trasparenza.
Non succede? Sticazzi.
Resto nuda e manifesto.

Resistenza passiva al grigiume che mi vuole invadere.
Mi sono sbocciati i narcisi nel vaso, dannazione, non me lo posso permettere.

Contro ogni occasione persa
i calci di rigore sulla traversa


Capita a tutti di non avere visuali diritte verso l'orizzonte, no? E se capita anche a me, che male c'è? Dico, che male c'è? Posso avere anche io la possibilità di aggiustare la mira prima di tirare in porta? Posso imparare a farlo pure io, che c'è gente che lo fa da una vita e riesce a galleggiare beata vendendo fumo?

Oggi guardo il cielo

Non sembra primavera, è vero, ma tant'è. Anche il meteo stavolta non può farci nulla. E se mi va di ballare, se mi va di cantare, se mi va di roteare come una scema e godermi un tempo che non devo a nessuno, oggi lo faccio.

Faccio un gesto, e manifesto.