Dalle mie parti il cibo è un segno di affetto.
Se cucino per te, vuol dire che ti voglio bene.
Se mangi quello che io ho cucinato, vuol dire che mi vuoi bene.
Più ci vogliamo bene, più cuciniamo e mangiamo.
Le donne, dalle mie parti, cucinano da dio. Di conseguenza - o di premessa - vogliono bene come pochi sanno fare. Incondizionatamente e in modo totalizzante.
Vivo lontana dalla mia terra da tantissimi anni ormai, ma più passa il tempo più la mia identità ancestrale ha voglia di venire fuori. Anche a 1300 km di distanza, anche se qui non c'è il mare e non c'è la stessa salsa di pomodoro.
Io: Pasquepasquetta fa brutto, restiamo a casa.
Consorte: Ok.
Io: Faccio gli gnocchi.
Cugina emigrata neotorinese: allora che cuciniamo a pasquepasquetta?
Io: Io faccio gli gnocchi. E la parmigiana di melanzane.
Cugina emigrata neotorinese: Ottimo. Io faccio la crostata di ricotta al caffè e cioccolato. E la secre con la mundicata [bietola saltata in padella con mollica di pane e parmigiano. NdB]. Ma quanti siamo?
Io: Mh... Quest'anno sono tutti partiti... Siamo noi tre.
Cugina emigrata neotorinese: Allora porto anche il mio hard disk da enne Terabyte e ci spacchiamo di film. Ma puoi chiedere a tua madre la ricetta della crostata?
Io: Ok, ok.
Il corollario del teorema di partenza Cibo = Amore è questo: Indipendentemente dal numero di commensali, tu cucina sempre per dodici-quindici.
Io: Mamma, mi serve la ricetta degli gnocchi. E della crostata alla ricotta.
Mamma: E che ci vuole? Una fesseria. Per gli gnocchi... quanti siete?
Io: siamo tre.
Mamma: Due chili e mezzo di patate rosse basteranno. E 500 g di farina.
Io: O_o
Mamma: Per la crostata.. blablabla... il caffè 'a occhio'... blabla... per la consistenza ti regoli... blablabla... il forno a 180°, anche 200°, vedi tu. Che ci vuole?
Io: Vabbè... inutile chiedere dosi più precise, vero?
Mamma: Vero.
Che poi l'identità ancestrale viene fuori quando meno te l'aspetti...
Io: Ha patate rosse?
Fruttivendolo: Sì, quante gliene servono?
Io: TRE chili.
Il passaggio dell'eredità culinaria è qualcosa di prezioso, di solenne, quasi di sacro.
Se sei una donna del sud, cucinare i piatti della tua tradizione familiare è una specie di rito di passaggio, una sorta di iniziazione alla vita adulta.
Mamma: e com'erano gli gnocchi?
Io: buoni... ne sono avanzati metà...
Zia L. (mamma della cugina emigrata neotorinese, di sottofondo): domani li scalda e sono ancora buoni, ma nel forno, non in padella!
Mamma: sì però finiteli, che dopo due giorni la patata va a male
Un'ora dopo
Mamma: e com'era la crostata?
Io: non l'abbiamo ancora aperta... siamo ancora sazi dal pranzo...
Mamma: ah... noi stiamo mangiando lo zuccotto di ziaelisa, è buonissimo.
Ziaelisa (di sottofondo): ma poi il pandispagna [la cui ricetta le avevo chiesto un mese fa] è venuto buono?
Mamma: com'era il pandispagna?
Io: buono, buono.
Mamma: e stasera?
Io: stasera cosa?
Mamma: stasera che mangiate?
Io: O_o
Mamma: domani restatine? ['avanzi' NdB]
Io: Veramente faccio la parmigiana. E la frittata agli asparagi.
Mamma: ah, brava, brava. Al limite quello che avanza lo surgeli.
Il freezer è la panacea a qualunque tsunami gastronomico calabrese.
Il freezer, congiuntamente alla grappa, alla tisana al finocchio, alle sane dormite.
In letargo, come il pitone, che dopo aver mangiato digerisce in sei mesi.
A me, avere alle spalle dieci ore di sonno ininterrotto, per affrontare la pasquetta mi sembra un buon inizio.
Se cucino per te, vuol dire che ti voglio bene.
Se mangi quello che io ho cucinato, vuol dire che mi vuoi bene.
Più ci vogliamo bene, più cuciniamo e mangiamo.
Le donne, dalle mie parti, cucinano da dio. Di conseguenza - o di premessa - vogliono bene come pochi sanno fare. Incondizionatamente e in modo totalizzante.
Vivo lontana dalla mia terra da tantissimi anni ormai, ma più passa il tempo più la mia identità ancestrale ha voglia di venire fuori. Anche a 1300 km di distanza, anche se qui non c'è il mare e non c'è la stessa salsa di pomodoro.
Io: Pasquepasquetta fa brutto, restiamo a casa.
Consorte: Ok.
Io: Faccio gli gnocchi.
Cugina emigrata neotorinese: allora che cuciniamo a pasquepasquetta?
Io: Io faccio gli gnocchi. E la parmigiana di melanzane.
Cugina emigrata neotorinese: Ottimo. Io faccio la crostata di ricotta al caffè e cioccolato. E la secre con la mundicata [bietola saltata in padella con mollica di pane e parmigiano. NdB]. Ma quanti siamo?
Io: Mh... Quest'anno sono tutti partiti... Siamo noi tre.
Cugina emigrata neotorinese: Allora porto anche il mio hard disk da enne Terabyte e ci spacchiamo di film. Ma puoi chiedere a tua madre la ricetta della crostata?
Io: Ok, ok.
Il corollario del teorema di partenza Cibo = Amore è questo: Indipendentemente dal numero di commensali, tu cucina sempre per dodici-quindici.
Io: Mamma, mi serve la ricetta degli gnocchi. E della crostata alla ricotta.
Mamma: E che ci vuole? Una fesseria. Per gli gnocchi... quanti siete?
Io: siamo tre.
Mamma: Due chili e mezzo di patate rosse basteranno. E 500 g di farina.
Io: O_o
Mamma: Per la crostata.. blablabla... il caffè 'a occhio'... blabla... per la consistenza ti regoli... blablabla... il forno a 180°, anche 200°, vedi tu. Che ci vuole?
Io: Vabbè... inutile chiedere dosi più precise, vero?
Mamma: Vero.
Che poi l'identità ancestrale viene fuori quando meno te l'aspetti...
Io: Ha patate rosse?
Fruttivendolo: Sì, quante gliene servono?
Io: TRE chili.
Il passaggio dell'eredità culinaria è qualcosa di prezioso, di solenne, quasi di sacro.
Se sei una donna del sud, cucinare i piatti della tua tradizione familiare è una specie di rito di passaggio, una sorta di iniziazione alla vita adulta.
Mamma: e com'erano gli gnocchi?
Io: buoni... ne sono avanzati metà...
Zia L. (mamma della cugina emigrata neotorinese, di sottofondo): domani li scalda e sono ancora buoni, ma nel forno, non in padella!
Mamma: sì però finiteli, che dopo due giorni la patata va a male
Un'ora dopo
Mamma: e com'era la crostata?
Io: non l'abbiamo ancora aperta... siamo ancora sazi dal pranzo...
Mamma: ah... noi stiamo mangiando lo zuccotto di ziaelisa, è buonissimo.
Ziaelisa (di sottofondo): ma poi il pandispagna [la cui ricetta le avevo chiesto un mese fa] è venuto buono?
Mamma: com'era il pandispagna?
Io: buono, buono.
Mamma: e stasera?
Io: stasera cosa?
Mamma: stasera che mangiate?
Io: O_o
Mamma: domani restatine? ['avanzi' NdB]
Io: Veramente faccio la parmigiana. E la frittata agli asparagi.
Mamma: ah, brava, brava. Al limite quello che avanza lo surgeli.
Il freezer è la panacea a qualunque tsunami gastronomico calabrese.
Il freezer, congiuntamente alla grappa, alla tisana al finocchio, alle sane dormite.
In letargo, come il pitone, che dopo aver mangiato digerisce in sei mesi.
A me, avere alle spalle dieci ore di sonno ininterrotto, per affrontare la pasquetta mi sembra un buon inizio.