martedì 21 aprile 2015

Un sabato qualunque


Svegliarsi e essere Snoopy.
Realizzare di colpo di avere sposato Charlie Brown.
Preparare la colazione per i cognati ospiti, Lucy e Schroeder.
Aprire la porta alla cugina Woodstock.
Aspettare che arrivino gli ultimi amici, Linus e Cinque.
E poi interloquire con Joker, stare in fila con Elsa e Jon Snow, salutare Luigi e Tod, sorridere educatamente a Crudelia De Mon, che passeggia a braccetto con Malefica e Capitan Uncino.
Recitare un romanzo che comincia così: "era una notte buia e tempestosa..."
Infine, conquistare gli onori della cronaca.
Insomma, un sabato qualunque!

lunedì 13 aprile 2015

Le luci nelle case degli altri

E' un romanzo, lo so.
Ne ho una copia in libreria che non è mia: me l'ha prestata sarà un anno la mia cognata sicula e ancora non l'ho letta. Non è una giustificazione, ma a mia discolpa posso dire che è alquanto voluminosa, quindi inadatta ad essere trasportata nelle borse pendolari, assieme alla schiscetta del cibo e a tutto il resto.

Allora che c'entra, direte voi, che siete lettori arguti e non vi sfugge nulla.
Ha un bel titolo, ecco che c'entra. Anzi di più: ha un titolo adatto, perfetto per la riflessione che mi ronza in testa da un po' e che testé srotolo in righe di pixel, in questo tardo pomeriggio raffreddato, respirato a bocca aperta, con troppi colpi di tosse a farmi sobbalzare.

Ne abbiamo viste tante, di case, in questi ultimi tre mesi. Alla ricerca della nostra, che ancora non è il momento di parlarne. Il punto è, a posteriori, ripensare al fatto di aver messo i piedi e gli occhi in delle vite altrui, così, quasi senza chiedere permesso, a volte un po' a casaccio, random.
Perché le case in vendita sono quasi tutte abitate, ci sono dentro persone che stanno lì da anni, da decenni, le vedi intridere gli angoli, gli stipiti delle porte, l'aria stessa.

Quello che io ho sentito, ogni volta, è di essere un invasore illegittimo. Girovagare in uno spazio intimo, che inevitabilmente racconta pezzi di vita che io ascriverei al pudore, alla dignità della riservatezza.

Che poi succede così: non stai a guardare solo i metri quadri, e l'esposizione, e le spese condominiali. Per forza di cose lo sforzo intellettuale ed emotivo ti porta ad immedesimarti nei volumi, a immaginare le tue cose, i tuoi ricordi già sparsi sulle mensole, il profumo del tuo cibo che cuoce sui fornelli e per riuscirci, per dare corpo alle tue visioni prospettiche, finisce che stai attenta ai dettagli spiccioli, quelli non sottolineati dall'agente immobiliare, e ricostruisci la vita che c'è dietro: le famiglie, le solitudini, le vecchiaie, le stanchezze. Chissà perché, ogni volta mi lasciano addosso la malinconia.

C'era la signora con le porte uguali a quelle di mia zia, le mattonelle della cucina sbreccate e la gentilezza a bassa voce, un poco velata dalla vedovanza. Una casa troppo grande, ora. Le ricette del medico ancora nello studio, rete quattro alla tv accesa.

C'erano gli indiani sorridenti, le scarpe affastellate in ogni angolo e uno che dormiva quando abbiamo acceso la luce nella stanza da letto.

C'era il ragazzo che sognava di andare via, l'abnorme differenza fra lui e la madre che abitava al piano di sotto, i due appartamenti collegati da una scala a chiocciola che sembrava il ponte fra due universi lontanissimi, uno fatto di svolazzi barocchi e ricchezza altoborghese ostentata, l'altro specchio del single che a stento cucina, la playstation prima di tutto.

C'erano i due pensionati, i disegni dei nipotini dappertutto. Una casa in pieno centro che non serve a nulla, se è lontano dai figli, dalle risate, dal caos.

Io mi chiedo, se venissero qui, gli estranei. Quando verranno - perché verranno - gli estranei a vedere casa nostra, prima del trasloco. Mi chiedo se guarderanno le cose come le ho guardate io e cosa noteranno di me, di noi, appiccicato sugli oggetti con cui lentamente, giorno dopo giorno, abbiamo riempito questa casa, fino ad ora.
Chissà come mi racconto, nello spazio che abito. Cosa dicono di me i miei libri? I colori dei mobili? Le cianfrusaglie? Quanto saltano all'occhio le imperfezioni che per me ormai fanno parte armonicamente del contesto che mi vede svegliarmi e addormentarmi ogni giorno, tutti i giorni?
E cosa noterei io, se non mi conoscessi, entrando qui? Forse i giocattoli, i lego, anche se non ci sono bambini. Forse le bislaccherie, tipo quelle foto, o quella decorazione natalizia che è ancora ostinatamente appesa sopra la porta della cucina. Magari, se fossi davvero attenta, noterei l'orologio che gira in senso antiorario.
Ma dovrei fermarmi qualche secondo, per accorgermene. Magari, se lo notassi, sorriderei.
E se io vedessi un estraneo sorridere, guardando il mio orologio, io sarei felice.
Sarei felice se, uscendo, si portasse dietro un singulto di ironia, al posto della malinconia. Se restasse colpito, divertito, rallegrato. Se ricordasse, ripensandoci, un posto caldo e bislacco, pieno di cose fuori posto e accenni ad altri luoghi e non luoghi, strabordanti e vivi.
Perché è esattamente così che vorrei che fosse casa mia, per tutti quelli che ci entrano.
E magari ci ritornano.

venerdì 3 aprile 2015

Marzo pazzerello, esce il sole e prendi l'ombrello

A tentare di riordinare nella mente la vita passata dell'ultimo mese faccio una fatica boia.
Marzo m'è scivolato fra le dita con una velocità stratosferica, uno sguisccc di sapone sotto le tappine da doccia.

Mi giro e sono a Venezia, mi rigiro e devo fare la spesa per il pranzo di pasqua. 
Mh.

Marzo pazzerello, esce il sole e prendi l'ombrello, recita l'adagio infantile. Marzo sui sussidiari lo disegnano così: il sole velato da una nuvola, dalla quale cade a gocce spesse una pioggia trasversale. 
Mi pare un'immagine adatta.

Muovendomi a gran velocità, ho attraversato i giorni di questa fine d'inverno senza rendermi troppo conto del divenire, attenta al presente, tutt'al più alle cose da fare domani, poi domani si penserà al resto, e così via.

E la cosa buffa, la cosa a ben vedere assai marzolina di questo mio marzo, è il fatto che beh, in fin dei conti, qualcosa mi ha lasciato, questo terzo mese duemilaquindici, varie postille bizzarre, episodi estemporanei e cambi di manovra che sì, a pensarci prima, valeva la pena di scriverci sopra, ma niente, il vento mi ha trascinato ogni volta appena più in là, dove ormai diventava inutile e posticcio ridirne, vabbè, sarà per la prossima. Una novella Mary Poppins, direi, mi manca solo l'ombrello con la faccia da pappagallo petulante sul manico.

Indi per cui, estimatori degli amarcord e dei bullet points, vi faccio contenti dicendovi che nel corso di marzo ho:

RIP lavabo (novembre 2009-marzo 2015)
- rotto il lavandino del bagno: non il tubo, né alcuna parte idraulica, ma la vasca di ceramica. Come? Facendogli cadere dentro una boccetta di profumo che, a quanto pare, è fatta di diamante puro, visto che non si è nemmeno scalfita. Agevolo la testimonianza iconografica del fatto.

- cambiato corso di yoga: ho abbandonato la matta mistica catanese (bella la pronuncia etnea del sanscrito) a favore di un corso molto più serio e senza menate filobuddhiste, cosa che il mio animo ad altissima base illuminista ama visceralmente. Unico neo: con quello che costa, frampo' andavo a farlo direttamente in India. Vabbe'.

- parlato ad un serissimo e professionalissimo convegno, di un argomento serissimo e professionalissimo, senza andare in iperventilazione. Applausi, grazie.

- visitato, insieme al consorte, ventordicimilamilioni di case in vendita, ma su questo argomento spero, promitto e juro che ci farò un post quanto prima...

- partecipato al festival torinese del cibo di strada, che mi ha permesso di trangugiare indecorose quantità di roba fritta e unta e goduriosa. Peccato ci sia costato come una cena di pesce. Vabbe' bis.

- cominciato una nuova dipendenza telefilmica: Once upon a time. Graziosa, invero, primaverile al punto giusto e con un buon tasso di deriva dipendente.

- quasi finito Death Note e Breaking Bad: mancano tre puntate dell'uno e dell'altro. Dell'uno, in parallelo, l'ultimo volume del manga. Occidente vs Oriente 1-0. E approfondirò anche questo...

- comprato l'ennesimo libro di Saramago, incurante dei venti volumi in attesa di lettura fermi ai box da un pezzo.

- rotto e quasi perso l'unghia dell'alluce destro. C'è da dire che è stata l'occasione per vincere la fobia del medico di famiglia ancora sconosciuto. Confido fortemente che tornerà allo stato normale prima dell'avvento dei sandali.

- in ultimo, cominciato a fare fitness very strong in casa: completamente aggratis, youtube-ti-amo, zero tempi morti. Lo so che fa molto videocassette anni ottanta, ma al momento mi sembra il compromesso giusto fra leggerezza e gusto. E poi avere la doccia a due metri dal tappetino e il pigiama a due metri dalla doccia non si batte proprio!

Mi sembra tutto. Gli ultimi giorni sono stati molto, molto movimentati e il giro di boa di aprile mi sta sembrando alquanto catartico.
Prevedo cumulonembi alternati a soli splendenti e raffiche di vento e - forse - temporali. Ma sono pronta, sono carica, e per l'occasione riscomodo perfino il sussidiario elementare...

Quando piove non mi cruccio, vado a spasso col capuccio!

Mai rinunciare a una rima baciata... ;)