venerdì 5 dicembre 2014

Non luoghi, non io

Come immergersi in una piscina di yogurt, i tappi nelle orecchie e il formicolio alle punte delle dita delle mani e dei piedi.
Giù, con tutta la testa, ma con gli occhi aperti.
L'ovatta, tutto intorno. Riesci quasi a vederti da fuori. Un fischio persistente e lontano nelle orecchie, la sensazione che i limiti del corpo ci siano e non ci siano. Rarefatto, tutto.

E invece, sei in mezzo alla gente.
E invece, c'è il caos.

Non luoghi. Non io.

Succede a caso, di tanto in tanto.
Metti un piede sullo scalino della scala mobile, stai sulla destra, ti fai superare. Gente che ha fretta, che corre, e dovresti anche tu.
Pensi in un attimo: dietro ciascuno di questi individui c'è un mondo, una vita. Impossibile da rintracciare, non ora, non qui. Non luoghi, non io.

Pigiati nell'autobus, mentre gli ombrelli sgocciolano sui piedi di tutti e bagnano le cosce inevitabilmente attaccate. Odori senza nessun pudore, accavallati come nella più stretta intimità. Sembra quasi di vederti, appollaiata là in alto, mentre scruti tutta la scena come se non ti appartenesse, come se non ne fossi un pezzo anche tu. Chi, io? No. Non io.

E poi, di colpo, il vuoto.
Le otto di sera di un venerdì qualunque. La strada illuminata dai lampioni gialli, il riflesso nell'asfalto che moltiplica le luci per due. Nessuno cammina con te. Di colpo, hai spazio. Spazio. E respiri, rallenti i passi, ti godi ogni metro, ogni frammento di silenzio.
Se nessuno ti vede, tu non esisti.
Non esiste questo vuoto che non vuoi colmare. Non luogo, ancora, non io. Non tu.

Sei intermittente.
Accesa, spenta. Accesa, spenta. A mille, a zero. In quinta, in retromarcia. Fatichi un po', ammettilo.
Accesa, spenta.
Come le luci dell'albero di natale.
Lontano, vicino.
Toccare, abbracciare le persone. Sorridere.
Poi scrivere, tentare di spiegarti, come se fossi altrove, come se potessi trasferire tutti, di colpo qui.
Ancora un non luogo, ancora un non io.

Ritornare. Creare un post, dare un titolo.
Fare uno spazio e arredarlo.
Ti piace, stavolta, senza tappi nelle orecchie, senza yogurt di gente intorno, senza fretta.
Goderti il virtuale, assurdo non luogo che è qui.
Perché è un pezzetto di te.
Di me.
Di io.


15 commenti:

  1. spero che tu decida di goderti di più il tuo virtuale. Ci manchi! :)

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  2. " goderti il virtuale, assurdo luogo che è qui ". Vero!!!

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  3. Beh, allora bentornata a goderti il virtuale ;)

    Moz-

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  4. Sempre belli i tuoi post, mi piace soprattutto la tua straordinaria capacità di trasmettere immagini, oltre che il senso di quello che dici ma la tua "forza", secondo me, sta nelle immagini :) Attraverso esse sono riuscito a immaginarti, a parte poi che conosco le sensazioni che hai descritto vivendo anch'io in una grande città... e ho appunto immaginato il pezzo di strada finalmente solitario, lento, "spazioso"... mi fa sorridere :)
    Detto questo, qui sarà pure virtuale ma tu, e credo noi tutti, siamo assolutamente reali. E' un mondo particolare e speciale, insomma, dove tu ci stai benissimo e, quindi, è sempre bello vederti passare di qua :)

    Buona giornata :)

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    1. A Maurì.. noi lo possiamo giusto immagina' un pezzo de strada lento e spazioso..ahah.. a meno che non abito al Corviale e pure se urli e gridi "non esisti". nessuno te vede e nessuno, soprattutto, t'aiuta... bella Roma.. 'na fiabba!!

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    2. Mh, beh, Roma non è l'esempio migliore ammetto.. E aggiungo: io la differenza più grande la vedo proprio quando confronto Torino e Milano!

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    3. La soluzione è: domenica mattina presto. Momenti bellissimi, strade deserte o quasi (almeno per la nostra concezione di "deserto" ^^)

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    4. Condivido appieno, Maurizio! ;))

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  5. bisogna stare dove si vuole... senza forzarsi.
    bentornata

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    1. Questa benevolenza la devo imparare a memoria, Ernest!

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