[NdB - avevo pensato di scrivere un post di riepilogo sull'anno che sta per finire, condito con una salsa di propositi duemilaquattordiceschi, ma no, è troppo mainstream.
Anche perché, diciamocelo, io il capodanno lo detesto manco troppo cordialmente.
Purtuttavia, mi sembra giusto onorare Babele, che è tornato a nuova vita proprio durante questo 2013, con un ultimo post.
Lo faccio, allora, copincollando un testo che ho scritto esattamente un anno fa, quando fu letto davanti a un pubblico di un centinaio di persone che pensavano di dover ascoltare un concerto per violoncello e pianoforte. Poi c'è stato il concerto, eh, ma intanto si son sorbiti pure questa...
Comunque lo faccio, solo a dimostrazione del fatto che i capodanni alla fine son tutti uguali, almeno nel loro essere 'terra di confine'.
E poi, manco a dirlo, perché sono fottutamente vanitosa]
Anche perché, diciamocelo, io il capodanno lo detesto manco troppo cordialmente.
Purtuttavia, mi sembra giusto onorare Babele, che è tornato a nuova vita proprio durante questo 2013, con un ultimo post.
Lo faccio, allora, copincollando un testo che ho scritto esattamente un anno fa, quando fu letto davanti a un pubblico di un centinaio di persone che pensavano di dover ascoltare un concerto per violoncello e pianoforte. Poi c'è stato il concerto, eh, ma intanto si son sorbiti pure questa...
Comunque lo faccio, solo a dimostrazione del fatto che i capodanni alla fine son tutti uguali, almeno nel loro essere 'terra di confine'.
E poi, manco a dirlo, perché sono fottutamente vanitosa]
Lei disse: “Sono la
Fine”. Lui disse: “Sono l’Inizio”.
Lei
disse: “Ricordo ogni cosa, tutto ciò che è successo. Ho visto le
persone passare, le strade consumarsi, i colori cambiare. Ho
ascoltato ogni voce e conosciuto tutte le note. Ho le radici più
lunghe e resistenti del mondo. Mi riconosco nella stanchezza e nella
soddisfazione di un pranzo concluso. Sono piena, piena di cose da
raccontare”. Lui
disse: “Io non ho memoria. Se guardo indietro, non trovo niente. Io
sono l’attesa di ciò che dovrà accadere, la spinta in avanti, il
gusto del rischio. Non so parlare, so solo sporgermi e trascinare. Ed
è per questo che ti voglio ascoltare”.
Lei disse: “Addio”.
Lui disse: “Non ancora”.
Lei disse: “Voglio
dimenticare”. Lui rispose: “Invidio i tuoi ricordi. Vorrei avere
una storia, un’identità, una sostanza. Vorrei la certezza della
strada di casa, e saper indovinare il sapore dei biscotti prima di
mangiarli, e riconoscere che giorno è oggi senza bisogno del
calendario, solo guardandomi intorno, guardando gli altri. E vorrei
avere una canzone preferita”. Lei sorrise e rispose, tendendogli la
mano: “Balliamo?”
La Fine e l’Inizio
guardarono l’una i confini dell’altro, incastrandosi come pezzi
di puzzle. Lei disse: “Il nuovo mi
spaventa, ho le vertigini”. Lui disse: “Guida tu, io non conosco
i passi”. Lei, coraggiosa, partì. Un piede dopo l’altro, uno
spazio prima minimo, poi sempre più ampio; fece apparire l’estate
trascorsa, l‘odore enorme del mare, poi il freddo e il buio dei
pomeriggi d’autunno, le finestre chiuse degli ultimi mesi
dell’anno. Lui, che quasi non esisteva, si incantò estasiato, e
prese ad accelerare i movimenti, a volteggiare rapito; le chiese:
“Cos’è questa sensazione?”. Lei rispose: “Si
chiama nostalgia”.
Lei rise divertita,
guardando il suo nuovo compagno musicale. Pensò alle mille parole
dette e scritte, a tutti i dettagli raccolti e conservati uno per
uno, al suo infinito passato, al suo breve futuro. Pensò che forse
non era insostenibile quel peso e che poteva avere un senso,
nonostante tutto. Lui, stanco per la danza, sentiva crescere dentro
un nuovo, piacevole bagaglio di ricordi. Lei disse: “Non ho più
paura del vuoto adesso, voglio festeggiare”. Lui disse: “Allora
comincia a correre”.
Erano diventati una cosa
sola, adesso. Senza confini e senza limiti. Non ci sarebbero stati
disequilibri, o cadute irrimediabili. Tutto quello che era già
stato, insieme a tutto quello che sarebbe accaduto. E il senso di
completezza, di giustizia, di esattezza.
“Dobbiamo fare gli Auguri,
adesso”, disse Lei.
“Inizio io”, disse l’Inizio, “Auguri...
auguri come? E quanti?”.
La Fine ci pensò, ed alla fine disse,
senza più dubbi: “Senza Fine”.