C'è stato il tempo del silenzio, quello che ha permesso la ricostruzione della routine e dell'equilibrio.
C'è stato il tempo di mettere le tessere a posto, incastri cauti, dal profilo basso, sottotraccia.
C'è stato il tempo di tornare a godersi casa, e impegni, e nullafare.
C'è stato il tempo di avere un orizzonte, anzi no, qualcosa di simile a un baratro, ma meno apocalittico, forse più simile alla cima di una cascata, o al vertice superiore di un ottovolante.
C'è stato il tempo di cercare, di pensare e cercare, il tempo di immaginare.
Di sperare, e di disperare, quello no. Non c'è stato il tempo.
C'è stato un vortice che risucchia, una vertigine emozionale che fa girare la testa e formicolare le dita di mani e piedi.
C'è stata l'ineluttabilità di prendere coscienza che tutto cambia, che tutto stava cambiando, era già cambiato.
C'è stata l'ostinazione di mantenersi fedeli a sé stessi, nonostante i cambiamenti, visibili e invisibili. Di procrastinare il più possibile il momento in cui l'identità avrebbe dovuto fare i conti col nuovo, con l'esplosione.
C'è stata la paura, c'è stato l'entusiasmo, c'è stata la felicità, a pezzetti, a briciole, a bocconi.
Nel silenzio di casa nostra, a contare i passi ed i momenti prima di.
Prima che.
Arrivassi.
E no, non lo so scrivere.
Annulli la capacità di mettere ordine nella testa, non ne dai il tempo, non c'è spazio per la riflessione.
C'è solo l'attimo, il presente, l'adesso.
Ed è così pieno, così pervasivo.
Tu che sei nuovo,
sei perfetto,
sei nostro.
E ci sorridi, ti avvinghi, ti contorci. E piangi, ti ubriachi, dormi.
Fai ridere, fai piangere, fai stancare.
Sei l'orgoglio e la scommessa.
Ogni giorno, ogni ora diverso.
Ed io, sempre la stessa, sempre diversa.
Ancora zoppicante, incastrata a fatica.
Ma in equilibrio, su funi altissime.
Fiera di r-esistere, con te.
Per te.
Che mi regali questa posizione scomoda ed eletta, preziosissima.
Che vento, che vista che c'è.
Auguri a me.