giovedì 27 giugno 2013

Astinenze

E' un brutto periodo.
Sono in astinenza.
Da buoni libri.

Diciamola tutta: sono in astinenza da libri, in generale.
E questo, va da sé, non è un bene.
Ché io sono quella che "haimparatoaleggereescrivereatreanni".
Quella che "leinonlileggeilibrilidivora".
Quella che ai sondaggi su "quanti libri legge in un anno?" risponde invariabilmente "più di 20".

Dice ma non lavoravi in un biblioteca? Eh, appunto. Nel senso che l'accoppiata bibliotecario-lettoreaccanito è la più grossa fregatura della storia: i libri che mi passano fra le mani non li leggo mica, al limite li catalogo, li sfoglio, li scansiono; negli ultimi tempi spazzolo via anche le cacche di insetti del secolo scorso che hanno banchettato al loro interno; ma non li leggo. Epperò danno comunque un senso di saturazione da carta (e no, non vale l'alternativa ebook, che  è la stessa identica cosa), quella per cui quando torno a casa non ce la faccio ad aprine ancora un altro, non ho voglia di leggere.

Che sacrilegio.

Ma la verità secondo me è un'altra. La verità non è che non ho più voglia di leggere, come potrebbe essere, è come dire che Carlo Conti non ha più voglia di farsi le lampade, o che Studio Aperto non ha più voglia di fare sevizi sulle tette di Belen. La verità è che non ci sono libri che, come dire, mi attirano.

Avrei voglia di un libro che mi lasci dentro qualcosa di più del semplice intrattenimento.
Una storia che mi regali un pacchetto di profondità e leggerezza.
Parole che mi lascino senza fiato.

E' troppo tempo che non succede.
E non è un caso se, alla fine, sul mio comodino è tornato per l'ennesima volta Palomar di Calvino.
Che non c'è niente da fare. E' un libro perfetto. Un libro che basta aprirlo a caso e mi sento subito a casa. Riesco a vedere persino il sorriso intelligente di Calvino mentre scrive, un sorriso che è insieme leggero e furbo, malinconico e perfezionista.
E' qualcosa che fa parte delle radici più profonde e resistenti del mio modo di pensare e di stare al mondo.

E lo so che mai niente reggerà il confronto, però dannazione deve esserci una via di mezzo tra il genio e la carta straccia, un sentiero di pietre preziose che si distinguono fra i sassi grigiastri dei bestseller e dei romanzi fatti in serie, una mappa che mi permetta di orientarmi fra i corridoi delle librerie e mi impedisca di uscirne con lo sguardo deluso e confuso. D'altra parte, in passato tanti titoli mi hanno confortato in questo senso. 

Quindi lo chiedo a voi, che senza dubbio siete meno pigri di me, e meno abbattuti.
Confidatemi uno, nessuno o centomila libri che vi hanno cambiato la vita, e per i quali valga davvero la pena di ignorare occhi stanchi e inappetenze narrative e di scansare l'ultimo di Dan Brown senza battere ciglio.
Sì, lo so, è un grosso regalo quello che vi chiedo.


lunedì 24 giugno 2013

Buona idea, Cattiva idea



Buona idea: Mettere l'eye-liner per avere un trucco sofisticato.

Cattiva idea: Mettere l'eye-liner per avere un trucco sofisticato e starnutire mentre lo si fa.



venerdì 21 giugno 2013

SPGE all'incontrè! Ovvero: 10 ottime ragioni per non amare l'estate

E' qualche giorno che penso a questo post e mi ero ripromessa di pubblicarlo nel giorno del solstizio... stavo giusto accingendomi alla scrittura, quando ho letto il post di QuellastronzadellaBrooke dedicato a questa iniziativa blogghereccia che si chiama "Survey del primo giorno d'estate"(SPGE): elenca le dieci cose che più ti piacciono della torrida stagione e proponi l'iniziativa ad altri 8 blog. 

Che dire... m'ha nominata!! E quindi, oltre che ringraziarla molto per questo onore, approfitto per uscire allo scoperto e confessare candidamente che io l'estate davvero non la posso soffrire!!!

Ci sono molte ragioni in effetti, ma dovendo scegliere e randomizzando la classifica, direi:

1. Sudo. E sudare mi fa schifo profondamente. Non per la puzza, che scongiuro abilmente, ma per la sensazione di umido e appiccicaticcio... bleah!

2. Ci sono le zanzare. Le zanzare mi adorano visceralmente. E se pensate che una città con due fiumi più svariati torrenti possa essere un habitat appetibile per le zanzare... beh sì, lo è, lo è tantissimo. Tipo che ci vengono in viaggio di nozze, ecco.

3. Non posso andare al lavoro in bici. Non tanto all'andata, ma al ritorno, ovvero fra le 14 e le 14 e 30, andare in bici d'estate significa liquefarsi come la strega del mago di oz, tentando invano di sganciare le ruote dall'asfalto rovente.

4. Viaggiare costa il triplo del normale. Essendo una fuorisede lontana 1200 Km dalla terra natia, il costo dei biglietti per tornare a casa durante le ferie corrisponde alla quotazione corrente per un rene. Un fegato, se per avventura dovete spedire un bagaglio.

5. I miei capelli danno forfait. Sono sempre in disordine, sudaticci alla nuca, piatti ai lati. Aggiungiamo che se non li asciugo con il phon e il diffusore (anche con 40°)somiglio a un diavolo della Tasmania. Anche nel temperamento.

6. Se, come me, si ha la coscia un po' tornita, fare una passeggiata con la gonna o un vestitino diventa sinonimo di una tortura medievale degna di Bernardo Guy. Ci siamo capiti.

7. Dormire con le finestre aperte mi costringe ad essere svegliata all'alba dalla luce che entra in camera e/o dai rumori provenienti dalla strada.

8. A causa del punto 7, sono costretta a dormire in compagnia della combo tappi per le orecchie+mascherina per gli occhi, assumendo le fattezze e il sexappeal della signora Pina

9. Abito in una città lontana dal mare, essendo nata in un posto che ha il mare a 15 km. Quindi, cari conterranei che staccate dal lavoro alle 18 e ve ne andate bel belli a farvi un tuffo nello ionio col sole ancora alto senza spendere né tempo né denaro, sappiate che vi odio. Fortissimo.

10. Non ho mai, e dico mai, nella mia vita, superato la prova costume. Anzi no, non mi sono mai neanche iscritta alla competizione.

Ecco fatto! E ora l'ottetto di bloggerz (anche qui random e cercando di non ripetere i menzionati):

- Moz

Voi che sicuramente siete meno misantropi di me, fatela come si deve, 'sta cosa ;)))

martedì 18 giugno 2013

Succederà

Succede, di tanto in tanto, che i colori delle cose diventino di colpo più vividi.
Che i dettagli del mondo si mettano a fuoco, rivelando la loro normalissima bellezza.

Succede che basti poco per sentirsi improvvisamente adolescente, con le mani sudate, la tachicardia e tutto il resto.
Che sia bello, dannazione.

Succede che spontaneamente e con facilità riconosci te stessa e ti metti a nudo, un passo oltre il solo sguardo, e usi parole, e parole, e parole. Quelle giuste, quelle che volevi.

Succede che mille canzoni ti sembrano adatte, e alla fine non ne scegli nessuna. Che sia il silenzio a fare da sottofondo.

E il sorriso.

E' già più che abbastanza.

Ad essere cinici non ci si guadagna davvero nulla.

venerdì 14 giugno 2013

Antipatie gratuite e ossessioni immotivate: CSNCFUD

Amici (di fèisbuc), Romani (ma anche no), compatrioti (della blogosfera): prestatemi orecchio.
E' tempo di coming out.
Ci sto rimuginando da tempo su questa faccenda e ho deciso che è giusto che trovi spazio fra le pareti virtuali di questa babelica stanza.

Io c'ho questo problema: provo sentimenti empatici per le parole.
E chevvordì?
Come dire... ci sono parole che mi stanno simpatiche e parole che non sopporto. Come le persone. Uguale.

Questo, tuttavia, è il meno. Da che mondo è mondo, ognuno c'ha le sue brave manie, sono come uno spazio di decompressione, un universo sul quale si può avere il controllo e nel quale far regnare l'ordine o il caos a proprio piacimento.
Sono terapeutiche, in un certo modo.

Il fatto è un altro.
Visto che sono una personcina discretamente ossessivo-compulsiva, nonché dall'animo archivistico, da qualche anno a questa parte preservo un angolino del mio hard disk per un file .txt che aggiorno periodicamente, il cui nome è "espressionichemiinnervosiscono".
Ogni volta che un nuovo modo di dire mi si palesa all'orecchio provocandomi spasmi di violenza, io lo annoto in calce e premo Salvaconnome. E il caos rientra.
Basta rendere edotte le persone che mi circondano dell'update e, se mi vogliono bene, evitano di dire quelle parole in mia presenza. Certo, è un'arma a doppio taglio, e infatti periodicamente e per vendetta, il consorte si diverte a mettere nello stesso periodo quante più Espressionichemiinnervosiscono possibile, col solo fine di indebolirmi. 
Ma no, alla fine risorgo come la Fenice, più forte di prima.

Per essere più chiara, è come per gli scrittori: tutti hanno i propri preferiti e tutti hanno quelli che non possono vedere; tipo io non sopporto Fabio Volo. Lo detesto proprio. Ecco, se qualcuno si avventura, per esempio, a dire la frase per non dimenticare, per me è come dovermi sorbire Fabio Volo che si autocita in loop con la sua faccia da Fabio Volo e la sua supponenza di guru di stocà.

Tutto questo preambolo per dire che da qualche tempo il mio bravo schemino mentale è stato messo alla prova duramente, tanto da costringermi ad inventare un sottoinsieme della mia lista nera adatto all'occasione.
Passo a spiegare.

C'è una combo di 7 parole che mi piaceva, tempo fa, la trovavo arguta e pregnante, anche vagamente poetica perché no, mi stava simpatica e avrei voluto usarla all'occorrenza. 
Il problema è nato quando questa frase ha cominciato ad essere uno status symbol, una moda, un'immagine ricorrente, soprattutto nei blog e negli status di fèisbuc, è diventata pervasiva al punto di svuotarsi di significato, in una parola mi è diventata antipatica. E così ho dovuto inaugurare un sottoinsieme della mia lista nera che ho chiamato, per continuare la metafora degli scrittori, "le espressioni Baricco": quelle che un tempo amavo e ora mi stanno sulle palle (come il succitato romanziere).

Questa frase, siòri e siòre, è: Come se non ci fosse un domani.

Alzi la mano il blogger e/o l'utente di social network che non l'ha usata almeno una volta nel corso degli ultimi sei mesi.
Pochi, siete pochi.
Vi prego.
Vi prego.

BASTA.

Cambiamo musica, troviamo dei sinonimi, delle alternative valide, chessò:
"come se i maya avessero dovuto avere ragione" 
"come se fossi Cenerentola a mezzanotte meno un secondo"
"come se Rossella o'Hara non avesse più battute conclusive"

Sforzatevi, sforziamoci.
Fatelo per me.

Per cui, quando stasera tornando a casa, troverete i vostri post o i vostri status incompleti e in attesa di una chiosa pepata, trattenetevi dallo scrivere Comesenoncifosseundomani, date loro un'alternativa e dite: "Questa è l'alternativa babelica!".
Come una carezza ;)

martedì 11 giugno 2013

Cose Londinose

Random

una cosa che non mi aspettavo di trovare: il sole (sabato, almeno)
una cosa very british che ho fatto: il the alle 5 (e 5)
un pregiudizio sugli inglesi da sfatare: non è vero che parlano in fretta apposta per non farsi capire. Anzi.
una cosa che ho mangiato e mi è piaciuta: il fish&chips e la salsa Piri Piri di Nando's
una cosa che ho mangiato e mi ha fatto schifo: una roba di cui non ricordo il nome ma era tipo costolette di maiale con salsa di mele piccante (grasso, solo grasso)
una cosa che ho bevuto e mi è piaciuta: il caffè di Starbucks (e non lo avrei creduto possibile)
una cosa che ho bevuto e mi ha fatto schifo: la Burrobirra di Harry Potter (soprattutto presa in abbinamento a un hot dog... bleah!)
un posto che mi ha colpito: Camden Town (sono poco originale, lo so)
un posto che non ho visto e vorrei tornare a vedere: Westminster Abbey (mannaggia agli orari di chiusura!) e la Reading Room del British Museum (la vecchia British Library con la sala circolare :°))
un posto che mi ha delusa: Buckingham Palace (Elisabe', potevi avere di meglio su...)
un'abitudine inglese che vorrei imitare: la strafottenza nel modo di vestire (io, nella mia peggiore tenuta turistica, a confronto del 99% delle femmine ero Carla Gozzi)
un'abitudine inglese che vorrei abolire: la guida a sinistra: ho rischiato la vita enne volte, adattatevi al resto del mondo no? (qualcuno - il consorte - mi fa notare che sarebbe un tantino dispendioso rifare daccapo tutti gli svincoli autostradali e la segnaletica... dettagli, perdiana!)
una cosa che ho comprato: un orologio a ciondolo a Portobello Road; va bene, anche la bacchetta di Luna Lovegood agli studios di Harry Potter (invidiatemi, giudicatemi, o entrambe le cose...)
una cosa che pensavo di non riuscire a fare: passare la notte all'aeroporto di Stansted su due poltroncine. Con un bracciolo di ferro in mezzo.
una cosa che vorrei fare, se mai tornassi lì: assistere alla messa in scena di un'opera di Shakespeare al Globe Theatre
una cosa sul clima: esistono 4 stagioni: autunno, inverno, autunno con le giornate lunghe, primavera fresca (chi vi dice dell'altro MENTE, sappiatelo)
una cosa che mi sono vergognata di fare: chiedere il 'passaporto di harry potter' riservato ai bambini (vabbè, l'ha fatto il consorte per me...)
una cosa che non mi sono vergognata di fare: mettere le scarpe da ginnastica sotto a leggings+vestitino
una cosa difficilissima da capire: il sistema degli abbonamenti alla metro (prima di partire)
una cosa facilissima da fare: prendere la metro e orientarsi (una volta che sei lì in mezzo)
una cosa che è un controsenso: sulle scale mobili si supera a sinistra (allora lo vedete che siete capaci e che è solo campanilismo al volante???)

una frase che ho detto prima di partire: non vedo l'ora di essere lì
una frase che ho detto prima di ripartire: dobbiamo ritornarci.

[ps: un grazie sperticato a tutti coloro che hanno commentato il post precedente! Anche se molte cose di quelle che mi avete consigliato non sono riuscita a farle per mancanza di tempo, ho apprezzato tantissimo il poter avere una 'guida alternativa' :D]

giovedì 6 giugno 2013

La perla del giorno e una richiesta al mio poco ma ottimo pubblico

Dialogo fra due dipendenti della biblioteca, a un passo da me:

Lei: "mi puoi dare una mano per favore?"
Lui: "Veramente stavo andando a prendere il caffè..."
Lei: "Ah vabbè allora vai, magari quando ritorni, sempre che non ci stai mezzora!"
Lui: "..."
Lei: "..."
Lui: "Oh, a me il caffè piace prenderlo con calma!"

Sperando sempre che la mia identità di blogger non si sveli mai a costoro (per quanto dubito che abbiano con la tecnologia un rapporto tanto intimo), colgo l'occasione per lanciare un SOS a chiunque passi di qui:
Fra 36 ore circa parto per Londra e, fatta eccezione per biglietti e hotel prenotati, non ho organizzato un ciufolo di niente! Quindi, carissimissimi lettori, chiunque di voi sia stato nella città di Queen Elizabeth, per turismo, per lavoro, per caso, per rapimento, è pregato vivamente dalla sottoscritta di lasciare un messaggio contenente consigli, dritte, suggerimenti, diktat, link al proprio o ad altrui blog e/o siti su:
- cose da fare e da vedere
- come muoversi
- luoghi imperdibili al di fuori dei canonici tour per principianti
- cose da non fare assolutamente
- varie ed eventuali

Vi prego di aderire numerosi alla chiamata di soccorso, ve ne sarò immensamente ed eternamente grata!

Su su!

Sentitamente vostra.

ps: starò a Londra tre giorni, ma una mezza giornata è già prenotata per il tour agli studios di Harry Potter *.* :D :D

lunedì 3 giugno 2013

Briatore chi?

Prendi un treno il venerdì pomeriggio da Torino Porta Nuova, con il sorriso ebete e il friccicòre di chi sa che poche ore dopo le rivedrà, dopo sette mesi, quelle con cui ha condiviso un anno in Vaticano, ma che di 'papale' al più hanno l'esplicito senso dell'umorismo.
Passi due giorni in simbiosi con tutte, al confine fra Liguria e Toscana, ospitata da una di loro, una specie di Wonder Woman bibliofila e bibliotecaria, che per comune accordo chiameremo "la Zia".
Le altre, nell'ordine peninsulare da nord a sud, sono:
- la "Laica", romanissima, esperta di studi religiosi e blasfema per vocazione;
- l'"Esplosiva", partenopea, mia compagna di banco nelle aule vaticane, non le manda a dire e ti ci manda con classe, all'occorrenza;
- l'"Intrusa", sorella dell'Esplosiva, unica a riuscire a non mettere la parola "biblioteca" in una frase per più di un'ora, ché lei fa Architettura, beata.

Le reazioni alla proposta sul cosa fare il sabato sera in quel pezzo di costa nomato "Versilia" sono state:
"Sì daii!!!" (l'Esplosiva e l'Intrusa)
"Vi ci porto!" (la Zia)
"Ma state scherzando, vero? (la Laica ed io)

La proposta in questione era: andare a cenare e a ballare al Twiga.
Per chi non lo sapesse - e io non lo sapevo - il Twiga è l'esclusivissimo e fashionissimo beach club di quel sobrio ometto di Flavio Briatore, un posto che si annuncia di classe già dalle locandine degli eventi pubblicati sul sito, robetta così:



In sintesi, quanto di più lontano esista dal mio universo conosciuto, nonché dal panorama di situazioni in cui posso non dico rilassarmi, ma anche solo sentirmi a mio agio. Ciononostante, forti della convinzione che sia la compagnia a far riuscire la serata e non già il luogo che ospita il tutto, la proposta viene approvata, con tutto il seguito dovuto di trucchi, parrucchi, tacchi e pochette.

Ora.
Se io penso a Briatore, le prime cose che mi vengono in mente sono conti in banca con troppi zeri e un figlio dal nome improbabile allevato su uno yacht. Una roba che, traslata in un locale che è da lui finanziato e pubblicizzato, va per forza oltre i normali standard del divertimento, pur stiloso-fashion-sciarpettaperl'uomo-minigiropasseraperlei. E va bene che il mio senso di inadeguatezza alle serate mondane mi aveva imposto un'aspettativa forse eccessiva nei confronti del luogo in questione.
Però.

Ecco, la mia etica filologica mi impone una totale, imperitura, dissacrante e malevola demolizione della fama del Twiga, che è quanto di più immeritato possa esistere, anche peggio di quella del sushi.

Entri, accolto da una delle "giraffine", le vallette del posto, fasciata nella divisa di ordinanza: mini-miniabito rosso fuoco e trampoli di vernice nera; si apre davanti ai tuoi occhi di topino di campagna una sorta di loft multilivello in penombra, dove l'unica cosa a spiccare sono le sedie, no i troni per i clienti: alternativamente, tigrati o leopardati. Fine, nevvero? Dice che è per dare un'atmosfera africana, da cui il nome. Sarà. Vabbè.

La cena: saporita, per carità, ma niente di che, soprattutto porzioni da dieta ipocalorica; unica nota positiva: niente bottiglie di vino a tavola, i camerieri con agile mossa ti riempiono il bicchiere non appena lo vuoti, ad oltranza.

Il materiale umano: sicuramente l'elemento più divertente della serata, c'era di tutto, dallo sguaiatissimo addio al nubilato, al tavolo "dieci uomini e una gnocca"; segnalo solo, per dovere di cronaca, l'uomo dalla mise più improponibile, pantaloni melanzana, camicia bianca e panciotto di raso bianco (ribattezzato il Bianconiglio), e il settantenne dalla pelle arancione "Silvioaportaaporta" e i capelli bianco ottico che brillavano di luce propria (ribattezzato la Supernova)

La musica: ecco qui proprio c'è stato il tracollo. Io pensavo che le "atmosfere sonore ricercate e suggestive, dove passione e ritmo si fondono al profumo del mare" (cit. twigabeachclub.com) potessero in qualche modo prendere vita, checcacchio, se non altro per dire che no, non è mica un posto come gli altri, Briatore sarà pure un milionario del caxxo, però i suoi soldi li investe bene, mi riempie di atmosfere sonore ricercate e suggestive, sono tutta fusa con il profumo del mare, e invece niente, manco per idea, i soliti malefici Maracaibi, le solite banalissime mani alla cintura e mueve la colita-ita-ita, lo strasentito trash degli anni '80 e '90 e, in conclusione, dell'anonimo e fastidioso tunz-tunz-tunz. Roba che la peggior dicoteca di Catanzaro Lido farebbe di meglio.

La perla: un dettaglio che, a mio parere, riassume l'essenza di tutto, cibo, gente e musica: qui e lì, per tutto il locale, sono installati dei monitor che mandano in loop un montaggio di riprese delle serate migliori del Twiga, senza audio, che se dovessi scegliere un epiteto, un titolo sintetico che riassuma la filosofia che sta dietro a questo prodotto visivo e che muove le braccia di questo teatrino sarebbe: Comunque Tette. Non importa che tu stia riprendendo l'arrivo di un mega-vippazzo sulla soglia del locale, o che violinisti e acrobati riempiano la pista, o che i giochi di luce siano strabilianti col mare sullo sfondo: l'essenziale, bello mio, è che ci siano le tette. Tante, tante tette. Tutt'al più i culi, toh. Ma meglio le tette. Per andare sul sicuro.

Ecco, io non so cosa spinga decine e decine i persone ad immolare i propri soldi e la propria dignità in una fila chilometrica per entrare in questo posto, non lo so cosa le convince a scegliere questo posto e non un altro, non lo so e soprattutto non riesco a capirlo, non lo giustifico e mi sento in diritto di deriderlo, nonostante alla fine i 30 euro glieli ho lasciati anche io, ma è vero, è proprio vero, è la compagnia che fa il tutto.

Solo una persona, nel mucchio di capre ricoperte di paillettes e autoabbronzante, mi ha convinto che sì, forse almeno un modo per godersela senza abdicare del tutto ai neuroni e senza per forza dissacrare come un caterpillar c'è: stava nell'angolo, appena fuori dallo spazio dei tavoli, dove comincia la spiaggia e il regno dei fumatori; aveva i guanti di gomma gialli e il secchio di fianco, aspettava che uscisse la persona chiusa nella toilette per pulire, ché lei lì ci sta perché ci lavora, a lei la pagano per stare dentro al Twiga.
Ma lei, alla faccia di tutti i Briatore e di tutte le Porche parcheggiate nello spiazzo riservato ai clienti, alla faccia di tutte le bottiglie di champagne a 50 euro, alla faccia delle liste dei PR e alla faccia mia che non sono in grado di lasciarmi andare, lei, da sola e divertita, ballava.