domenica 28 novembre 2010

Le cose che amo di Torino/La prima neve

La domenica mattina, appena sveglia e reduce dalla pipì che ti ha costretto ad abbandonare il teporino del letto, ti affacci alla finestra e vedi questo:



L'orto sul balcone:



l'acqua gelata nel secchio:



I tetti:

sabato 23 ottobre 2010

Qui finisce poco seria / l'avventura di Valeria

Digito con l'ormai intimo amico tutore del polso, fido detentore delle mie speranze contro una tendinite che da due anni sembra decisa a non abbandonarmi... Il titolo rimato, di bonaventuresca memoria, esprime al meglio lo stato delle cose: ultimo sabato catanzarese, prima di un definitivo (almeno fino a natale) ritorno a Torino. E beh, quest'avventura poco seria mi ha visto per due mesi cimentarmi con eventi bislacchi e diversissimi fra loro: dice che dovevo solo catalogare cinquecentine, e invece mi sono ritrovata a filastroccheggiare di Pinocchio e degli amici suoi per un pubblico di età media 7 anni. Ok, il microfono aiuta a non far cadere la curva dell'attenzione, ma i fanciulli sono critici severissimi, disconoscono (e giustamente!) la retorica dei complimenti ad ogni costo e se si scocciano di starti a sentire, ti mandano allegramente a quel paese girandosi dall'altra parte. Dunque, la soddisfazione di sentire una platea di cinquanta marmocchi concludere in coro una strofa lasciata in sospeso per vedere l'effetto che fa è stata davvero impagabile...
E insomma, quest'ottobre in cui sono "piovuti libri" (come da locandina) si è rivelato più divertente del previsto e ora che è agli sgoccioli (è il caso di dirlo!), un pò di dispiacere c'è, nonostante la voglia di casa, casa mia, cose mie, ore nostre e pacchetto completo.
Il fatto è che mi piace lavorare, lo capisco ogni giorno di più, e voglio - devo - scongiurare l'ipotesi di passare troppo tempo chiusa in casa.
Agguerrita, agguerritissima, sono pronta a ripartire.

domenica 19 settembre 2010

"La domenica mattina voglio stare nel mio letto..."

"... necessaria un'aspirina per non diventare matto", canticchiava allegro e skanchettoso l'adagio sempre attuale dei Matrioska. A me è bastato, per riprendermi dall'agonia del sabato sera, "L'accabadora" di Michela Murgia.
L'ho iniziato a mezzanotte, ieri sera, tentando di smaltire gli strascichi del malessere della prima e seconda serata che mi aveva costretta a rinunciare, con sguardo inappetente, a focaccia con verdure e crostata di frutta fresca. Quindi, digiuna e deboluccia, ho aperto questo romanzo.
Inciso: da un pò non leggevo una novità del panorama letterario italiano, preda di un misto di senso di colpa per il mancato aggiornamento, sfiducia congenita per i talenti gridati e predilezione ossequiosa dei classici conclamati.
Ma: divorato nello spazio di un dormiveglia di pochi minuti (ier sera) e delle ore antimeridiane appena concluse, devo dire che mi è piaciuto. Non è un capolavoro, assolutamente; ma se è vero che uno scrittore fa il suo dovere solo quando la sua storia persite, in un modo o nell'altro, nella testa del lettore, allora la Murgia può avere la coscienza a posto: il suo romanzo mi ha fatto passare mal di testa e nausea, lasciondomi il retrogusto di compiutezza ed evocazione che volevo.
Come e meglio di un buon vivinc.

giovedì 9 settembre 2010

La bella sensazione del giorno

Dal parrucchiere, l'acqua calda che scivola delicatamente sulla testa, il massaggino schiumoso e fuori il diluvio che imperversa più che mai..

mercoledì 25 agosto 2010

Washing Machine



Sono tornata a Torino con montagne di panni sporchi da lavare.
Sono tornata a Torino.
A casa mia.
Di nuovo il mio letto, i miei mobili, le piantine cresciute sul balcone (ed io che mi tengo a distanza di sicurezza, conscia del mio potere mortifero stile Maga Magò); i rumori del tram di via Monginevro e la luce, la mattina presto, che come al solito mi sveglia.
Vacanze finite? Più o meno. Ancora qualche strascico di un Agosto marittimo che ha avuto tempi e spazi giusti, senza noia o insofferenza, divertente. Giovedì prossimo ultimo weekend di svago, weekend umbro (umbratile?) e familiare, di preludio alla ripresa in Calabria.
Quindi Torino, per ancora 8 giorni, in un tempo che non è vuoto e non è pieno, non è lavorativo e non è di vacanza, non è estivo e non è autunnale. Tempo affollato di pensieri, al solito mio, ai quali tento umilmente di dare una coerenza, nello spazio di un programma d'azione. Oggi questo, domani quello; risolvi qui, fai di là. Tentando di crederci almeno all'80%.
«My disperation, my disperation, my thoughts are killing me».
Ancora una lavatrice, e una, due, tre centrifughe.
Vietato stingere. Vietato soccombere.

lunedì 19 luglio 2010

Io vado al mare, voi che fate?

L'avevo detto: dopo quel post di ormai due settimane fa, avrei iniziato una fase iperconcentrata che, è evidente, non mi ha lasciato tempo per il cazzaggio informatico.
Vabbè, siamo sinceri: gli ultimi tre giorni li ho passati stravaccata in riva al mare di Soverato, con in faccia la più menefreghista delle espressioni rilassate. Che mi ci voleva.
Che è successo?
Si è chiuso il master, nostalgicamente, stancamente, saturatamente. L'idea di aver abbandonato quelle tre, quattro persone, con le quali avevo l'impressione di stare davvero bene, al loro ritorno a casa centrifugo (i quattro e più angoli d'Italia), mi ha reso triste e anche un pò incazzata. Come al solito, il nomadismo non fa per me, anche se la mia vita da pallina di flipper non accenna a darsi una calmata.
E poi sono tornata a casa per iniziare il tirocinio.
Che bello.
Prendo in mano e catalogo ogni giorno cinquecentine (vere! :°)), che se mi dicessero "questo è il lavoro che devi fare per i prossimi anni e verrai pagata per farlo" sarei la persona più felice del pianeta. Ma no, povera illusa, è tutto gratis e dura appena tre mesi.
E tra un libro antico e l'altro, sui tavoli della biblioteca, ho ricevuto la mazzata: la scuola vaticana non mi ha accettata.
Fran (cit.)!
Dritto in faccia.
Non me l'aspettavo, no. Pensavo bastasse curriculum, media alta, raccomandazioni laiche e non, ma no. Niente da fare.
Maledetti preti.
Sarà che è la seconda volta che mi succede e forse (forse) tenevo la guardia un tantino più alta, sarà che in fondo (ma molto in fondo) questo rifiuto mi sottrae a mille milioni di km di viaggi e di euro spesi e non mi dispiace... l'ho presa abbastanza bene.
Solo, come al solito, devo riprogrammare la mia vita con la velocità di un ghepardo.
Quindi progetto per l'autunno: trovare un lavoro a Torino che mi impegni tutte le mattine e mi faccia racimolare qualche euro.
In attesa di chiudere in archivio.
E poi chissà dove mi porterà il vento della prossima estate.

domenica 4 luglio 2010

Pronta a partire...

A volte si ha bisogno di una catarsi.
Immergersi nel nullafare più profondo, guardare ore di televisione al giorno, snobbare i pur minimi impegni e poltrire completamente è ciò che ho fatto io nell'ultima settimana.
Sarà che la prospettiva del prossimo mese (a partire da oggi) è di lavoro full time, sarà anche (soprattutto?) che il non avere cose da fare qui a Torino mi porta ad uno stato di straniamento. Sto troppo tempo senza parlare, in casa. E ogni tanto mi viene il dubbio di essere disadattata, antisociale.
Ma siamo sicuri che sono in grado di stare in mezzo agli altri, di creare relazioni, di darmi un tono, un'identità?
«Sto cercando la mia identità / sto capendo che così non va».
Non lo so. Quando questi pensieri si affollano, il desiderio è di scacciarli il più lontano possibile, di ignorarli non si sa quanto bene.
Eppure, ieri ho provato a vederla diversamente. Mi attende una cosa che non so fare, che - ammettiamolo - mi terrorizza un pò. Il primo impulso è stato di scappare a gambe levate... M il secondo, mitigato dall'orgoglio tutto mio e inestinguibile del "non è possibile che non sai fare qualcosa", mi spinge alla sfida, aggressiva e carica.
Quindi, vediamo di dare il La (le metafore musicali mi vengono bene da quando ho cominciato a suonare il clarinetto...) a questo Luglio ancora in checksound, e ripetiamoci (ripetiamomi) che sono pronta a partire.
Dietro le spalle appena poche ore di sonno nel mio letto, ancora occupato dal consorte che dorme beato. Il concerto dei Talco a Milano di ieri sera che ancora fischia nelle orecchie. Stasera Montepulciano, per l'ultima volta.
E poi si va.
Che grande melodia!

lunedì 21 giugno 2010

Saramago che muore

Succede, quando un punto fermo vacilla, di scoprire dispiaceri che non ti aspettavi potessero esistere. E' morto Saramago e a me è successo. Che c'entra, direte voi, le opere di uno scrittore gli sopravvivono, è quello che conta, in fondo. Ed è giusto, è vero: quel volto di vecchio, per una banalità associato al suo nome da Nobel, a me non diceva nulla e il contatto (puro, profondo) è stato con le sue parole, con i suoi libri. La crepa è una: che fra i pochi scrittori, intellettuali, pensatori, artisti che mi hanno indicato la strada, Josè Saramago era forse l'unico in vita. E il gusto di comprare un suo libro appena uscito a scatola chiusa, certa della bellezza che avrei trovto al suo interno, quel gusto non lo proverò più. Come non l'ho provato per Calvino, che è morto pochi mesi prima che io nascessi; o per Pirandello, che vabbè, sta nei libri di scuola. L'invidia per chi c'era mentre queste persone accadevano è sempre stata un dettaglio sussurrato.
E poi quest'intervento è intruso, arriva a giorni di distanza dalla notizia della morte, quando il web non potevo frequentarlo, e adesso che trovo lo spazio per dire questa mia, non ho i suoi romanzi dietro, non posso citarlo, e rischio di ripetere la retorica di altri (più grandi) sperticati nelle lodi.
Ma, che volete, lo faccio per me, con presunzione. E con l'orgoglio di aver potuto condividere un pezzo di tempo con un uomo inestimabile.

venerdì 11 giugno 2010

Vivere per addizione

«A volte ho cercato di discutere con alcuni di questi signori e, a parte i limiti culturali e l'estremo egoismo che coglievo nella loro visione del mondo, ne ho ricavato l'impressione che non avessero mai fatto un vero salto al di là del confine, se non probabilmente a occhi chiusi. Perché chi fa questo salto a occhi aperti si accorge di diventare in un attimo l'altro dell'altro. E forse al ritorno entro i propri confini guarda l'altro, il presunto usurpatore, in una nuova luce e magari cerca il contatto, il confronto. [...] Lo so: ho lanciato una pallina di gomma contro un muro, indicando una strada difficile da percorrere. [...]
Ma ora non posso e non voglio più tornare indietro. Voglio vivere per addizione, miei cari, senza dover scegliere per forza tra Nord e Sud, tra lingua del cuore e lingua del pane, tra me e me. Sono stufo delle risposte di campanile o di opportunità, risposte ipocrite, bugiarde, come quando da bambino ti chiedevano: "Vuoi più bene a mamma o a papà?", e tu stavi imbambolato, non capivi la domanda, e gli adulti idioti insistevano: "A chi vuoi più bene, parla, gioia mia". A tutt'e due, pensavi tu, ma stavi muto per paura di sbagliare. E pure a mia sorella e ai nonni, agli zii e ai miei amici. A tutti.»
Carmine Abate.

sabato 5 giugno 2010

Matematica

1+1 = 2
1+1 = 1
2-1 = 1
2-1 = 0
0+1 = 0

Mi sono capita da sola, ma va bene così.

martedì 1 giugno 2010

Non leggete questo libro

Non mi capita spesso di trovare un libro sinceramente brutto: c'è sempre un pagina, un periodo, un aggettivo, qualcosa che comunque mi fa pensare "valeva la pena di leggerlo", ma no: "Quando Teresa si arrabbiò con Dio" è un libro di cui non si può salvare proprio nulla.
La storia è banale: una saga familiare in cui si raccontano, membro per membro le storie dell'albero genealogico i cui rami tendono al centro, sul narratore-autore Alejandro Jodorowsky.
Lo stile è, nell'ordine, presuntuoso e inutilmente volgare. La pretesa di sembrare notevoli, o peggio sinceri, descrivendo (per dire) i dettagli di una putrefazione e riconducendo tutto - tutto! - al sesso animale è se non altro ingenua, oltre che fastidiosa. In più credo che al fondo ci siano dei seri traumi, visto che non c'è una donna, fra le mille che attraversano il romanzo, che sia capace di qualcosa di meno di un orgasmo cosmico, da far tremare i vetri.
La perla: l'intera storia è pervasa di cultura (ma è davvero questa?) ebraica: citazioni della Torah, usi e costumi del ghetto, diaspore e tutto il repertorio. Noioso, e poteva non esserlo.
E dunque, me lo sono trascinato per quasi un mese 'sto libraccio, rinunciando al pur sacro Diritto di lasciare a metà.
E dire che era sullo scaffale in attesa da (!) 10 anni...

martedì 25 maggio 2010

Cronaca di Maggio

Evvabbè, alla fine ce l'ho fatta a resuscitare dalle tenebre anti-informatiche e perfino a rimettere piede in questo umillimo blog. Al grido di "primo maggio su coraggio", questo mese è stato (e sta essendo) il più faticoso che io ricordi, almeno da ottobre scorso: la diecigiorni appena trascorsa ha infatti annoverato al suo interno, nell'ordine, fiera del libro, settimana a Montepulciano e weekend in patria.
Diciamo della Fiera: esperienza folgorante, bella bella e anche di più. Faticosa da morire (13 ore al giorno nello stand, con il jingle dei monitor feltrinelli a ripetizione e i neon negli occhi), ma divertente assai. La compagnia dei rubbettini boys (and girl) è stata memorabilmete bislacca, dentro e fuori il Lingotto, con perle di purissima follia (tipo il poeta delle due del mattino, per dirne una). E poi, stare dietro al bancone della cassa mi ha permesso di osservare da una posizione privilegiata la vasta umanità che si trascina fra i corridoi moquettati della fiera, che riassumerei in almeno 4 figure:
- il collezionista di segnalibri: entra nello stand, non guarda i libri e mira diretto alla pila di segnalibri omaggio sul bancone. Se ti va bene, alza lo sguardo e si giustifica dicendo "faccio la collezione...";
- il lettore a scrocco: arriva e si dirige, sinceramente interessato, a uno o due libri fra quelli esposti; li apre, li sfoglia, comincia a leggere una, due pagine... poi tre e quattro, e circa metà libro, trattenendosi in piedi in equilibrio precario per una buona mezzora. Poi soddisfatto, posa il libro, non lo compra e se ne va;
- il sinceramente curioso: entra col sorriso che dice "uuuh guarda... una casa editrice del sud! che bella cosa, finalmente un pò di cultura anche in quelle aree così disagiate!", con la stessa paresi mandibolare si attarda nello spazio espositivo, piega la testa per leggere i titoli sui dorsi, magari ne sceglie uno e - miracolo! - lo compra, Ti saluta dicendo "Tanti tanti complimenti, davvero delle belle pubblicazioni, non ne avevo idea!".
- l'ambasciatore con gli appunti: di solito residente a Torino, è incaricato da terzi di acquistare libri per loro conto, motivo per cui gira frastornato nella fiera con un taccuino recante titoli e titoli da comprare. Entra nello stand e esordisce: "voi avete pubblicato "xxxx", c'è?". Se il libro c'è la vendita è assicurata, altrimenti il nostro avrà perso ogni stima della detta casa editrice.
E insomma, qualche librino l'ho acquistato anch'io, e magari riesco pure a ritagliarmmi il tempo per leggerlo.
La domenica ho abbandonato i miei compagni di viaggio fieristici pr imbarcarmi, saino in spalla e trolley al seguito, verso il ridente borgo di Montepulciano: un paese a pendenza costante del 70% circa. Anche qui, una sintesi non darebbe giustizia all'esperienza, dirò solo che per quanto le difficoltà siano state moltissime (diluvio, temperature polari, raffreddori inclementi etc etc), lo stare insieme tutti in una casa è stato divertente, il vino è buonissimo e i profs si sono dimostrati molto all'altezza.
Conclusione della narratio: il 60esimo compleanno di papà. Strafogata di pesce ottimo e divertita dalle solite creazioni rimate e non, nate per l'occasione, lo stare in famiglia mi si è presentato piacevole e ritemprante, come sempre più spesso succede.
Tornata a Torino da meno di 48 ore, cerco di abituarmi all'idea dell'afa che già si fa sentire e trovo nella routine la sicurezza delle mie azioni.
Il mese ta finendo, è già finito, è quasi estate.

giovedì 6 maggio 2010

In Chilla mani al Ruggito del Coniglio

La rivendicazione calabra: Mondiali, Olimpiadi e chi più ne ha più ne metta!
(Grazie a EleRest per la segnalazione...)

giovedì 22 aprile 2010

L'insostenibile leggerezza dell'essere

«Nel regno del Kitsch impera la dittatura del cuore.
I sentimenti suscitati dal Kitsch dvono essere, ovviamente, tali da poter essere condivisi da una grande quantità di persone. Per questo il Kitsch non può dipendere da un asituazione insolita, ma è collegato invece alle immagini fondamentali che le persone hanno inculcate nela memoria: la figlia ingrata, il padre abbandonato, i bambini che corrono sul prato, la patria tradita, il ricordo del primo amore.
Il Kitsch fa spuntare, una dietro l'altra, due lacrime di commozione. La prima lacrima dice: Come sono belli i bambini che corrono sul prato!
La seconda lacrima dice: Com'è bello essere commossi insieme a tutta l'umanità alla vista dei bambini che corrono sul prato!
È soltanto la seconda lacrima a fare del Kitsch il Kitsch. La fratellanza di tutti gli uomini della terra sarà possibile solo sulla base del Kitsch.


Nessuno lo sa meglio dei politici. Quando c'è in giro una macchina fotografica, si precipitano subito verso il bambino più vicino per sollevarlo in aria e baciarlo sulla guancia. Il Kitsch è l'ideale estetico di tutti gli uomini politici, di tutti i partiti e i movimenti politici».

Milan Kundera.

mercoledì 21 aprile 2010

Gente da 15/l'eccentrica che sferruzza

22° centigradi il 20 aprile sono anomali, a Torino anche di più. La protagonista suda copiosamente nella sua tuta di cotone felpato, visibilmente vecchiotta e usurata, e passa il tempo, di fermata in fermata, sferruzzando amabilmente quello che sembra un cappellino per bambole, bianco e nero, di lana grossa. Il gomitolo scompare in una busta di plastica furbamente agganciata allo schienale del sedile davanti, senza che il seduto si infastidisca. Io sto in piedi di fianco alla protagonista, con una mano mi reggo a fatica (il mezzo è di quelli vecchio modello), con l'altra, sempre a fatica, reggo il libro. Lei, senza smettere di sferruzzare, attacca bottone:
Lei: Ma secondo lei questa nuvola se ne è andata? [Riferendosi alla nube di cenere islandese]
Io: Mah... sembra di sì, per fortuna... stamattina hanno riaperto gli aeroporti..
Lei: Ma ce n'è un'altra !
Io: Ah sì?
Lei: Ma secondo lei venerdì volano gli aerei?
Io: Non saprei... stanno decidendo giorno per giorno...
Lei: Ma secondo lei volano?
Io: ...
Lei: Perché io devo partire.... Otto giorni alle Maurizio [!!]
Io: Ah... Beata lei!
Lei: Eh sì... Ma se non volano... Ma secondo lei volano?
Io: Ehm... non lo so...

Nel mentre si libera un posto, me lo accaparro, svicolando dalla conversazione. Pochi minuti dopo, la protagonista riprende il discorso interrotto con un altro utente Gtt:
Lei: Ma secondo lei questa nuvola?
Lui [che aveva assistito alla conversazione con me]: Signora, non lo so! Abbia pazienza!

E scende.

sabato 17 aprile 2010

Addio Arezzo, sorgente dalle acque

E vabbè, alla fine la prima metà del master è finita, e con essa anche le mie trasferte mensili ad Arezzo, che verranno sostituite nei prossimi tre mesi con la nuova location Montepulciana e chissà quali nuove mirabolanti aventure ci attendono (urca)...
In effetti un tantino mi dispiace, avevo cominciato ad affezionarmi al tizio scorbutico del bed and breakfast (quando la sua diplomazia era al top si produceva in frasi tipo: "ma che cazzo sto facendo, signora lei mi fa rincoglionire!") e al cuoco della mensa dei ferrovieri... In ogni caso, al top dei miei rimpianti dell'ultima settimana c'è di certo il non essere riuscita ad accertare se il tizio cliente del b&b che somigliava tanto a La Dava (cantante dei Vallanzaska [N. d. R.]) era davvero lui, visto che a parte un'unica volta a colazione, non l'ho più rivisto, arcisob, e hai voglia a far suonare il mio cell con Reggaemilia, non c'è stato verso...
Per il resto la settimana è stata abbastanza piacevole, molto stancante e direi soddisfacente: tenere in mano il Lucrezio di Aldo Manuzio datato 1515 mi ha dato qualche brividino, lo confesso.
Outing ulteriore: sto scrivendo per occupare un pò di tempo, in attesa di sapere se il consorte viaggiatore, alla stregua dei piccioni, ce la farà a raggiungere il nostro amato nido torinese, superando l'ostacolo nube di cenere vulcanica islandese (della serie: torno a casa venerdì così passiamo il weekend insieme)... speriamo bene va'...
Ah, e mi sono accorta di aver appena centrifuato la sua penna usb. Hn!
Concludo con una perla aretina, a simbolo di tutto ciò che di bislacco, culturalmente profondo e indimenticabile ho vissuto in questa ridente (e un pò agonizzante) cittade: i pizzaioli cinesi, ovvero "come mangiare con 3 euro e uscire soddisfatti di gusto e simpatia"



N. B.: una mia foto, insieme ad Anna e Stefania, campeggia sulla parete della pizzeria al taglio suddetta...

Valeria tour operator.

martedì 13 aprile 2010

Master(piece)

Della serie braccia rubate all'agricoltura e confluite nel nugolo degli iscritti a lettere:
"Ma tipografo con quante p si scrive?"
O_o...

giovedì 8 aprile 2010

Non aprite quella porta...

E dopo quattro mesi e mezzo, durante i quali l'unico modo per non venire derubati e/o condividere l'intimità col resto del pianerottolo è stato chiudersi dentro a doppia mandata, senza giovarsi dell'uso di una maniglia e soffrendo spifferi, antiesteticità e scarsissima sicurezza, finalmente è giunta la nuova e ipertrendy porta blindata!

mercoledì 7 aprile 2010

è primavera...

...aprite le finestre e assaporate a piene nari l'odore di patatine fritte proveniente dal piano di sotto...

venerdì 2 aprile 2010

...

"mi piace guardare la faccia nascosta del sole,
vedere che in fondo si muove,
dormire distesa su un letto di viole"
mi disse "e a te cosa piace?"
"mi piace sentire la forza di un'ala che si apre,
volare lontano, sentirmi rapace,
capace di dirti ti amo".

giovedì 1 aprile 2010

Gente da 15/i ragazzini di scuola media

[Premessa: per andare in Archivio, prendo il tram numero 15 alle due e qualche minuto, sotto casa, per 15 fermate (più o meno 25 minuti di percorso). Di solito leggo durante il tragitto, ma mai tanto profondamente da non accorgermi dei vari personaggi che salgono o scendono dal mezzo, talvolta degni di nota. Ho deciso, pertanto, di dedicare loro un post, ogni volta che diventano più interessanti del libro che ho sotto gli occhi].

Immagino che fossero appena usciti da scuola, con gli zaini e tutto. Uno dei due, per inciso, portava boxer a vista con fantasia a mucca pezzata bianca e nera, molto cool. Costui, lo chiamiamo il Perplesso. L'altro, più anonimo invero nel vestire, è lo Sveglio.

P: Ma tu l'hai capito il teorema di Pitagora?
S: Sì... beh, è facile..
P: Io non ho capito niente...
S: Cioè, se hai i cateti, ti trovi l'ipotenusa... cateto al quadrato più cateto al quadrato... poi fai la radice quadrata...
P: Ah... ma non è più facile fare il cateto alla quarta?
S: E no, sono diversi i cateti... già che tu le potenze non le hai mai capite... comunque immaginati tipo un quadrato [??], un lato è di 5 e uno di 6... fai 5 per 5...
P: ...25 e 6 per 6 36..
S: Eh, quindi viene 61...
P: Eh no: 121!
S: Ma che dici, 61!
P: Ah, già, è più non per...
S: E poi fai la radice
P: ...

DING, porte aperte, scendono.

martedì 30 marzo 2010

senti come viene giù

E alla fine anche il cielo di Torino ha ceduto. E' strano. Da quando mi sono trasferita qui, la pioggia non è ma stata troppo presente. Neve, a volte, o freddo pungentissimo, o sole limpido, a ingigantire il già tanto spazio che c'è. Ma pioggia, poca. Ovviamente, va ecceduto il diluvio torrenziale in concomitanza con il trasloco in groppa a un furgono affatto impermeabile (i miei libri annacquati ancora ne portano le cicatrici), ma mi sono convinta che quella sia stata una prova di iniziazione, anche un tantino catartica.
Alla luce di questa dissertazione meteorologica, degna delle migliori conversazioni a corto di argomenti, si capisce perché stamattina mi ha imbambolato un pò più del necessario il rumorino picchiettante sui vetri dei miei attuali 75 metriquadri: non c'ero abituata. Chi mi conosce lo sa: le precipitazioni atmosferiche, di qualunque foggia e in qualsiasi quantità, mi affascinano, mi regalano un bislacco senso di protezione, a dispetto della canonica metereopatia.
E la mattina è passata così, costretta anche alla luce artificiale, e, mi sembra, la pioggia ha un pò lenito le ondate di malinconia pur brevi che mi trapassano da qualche giorno.
Sono uscita dall'archivio alle 4 e mezza e non pioveva più. Torino, se è inquinata, non lo fa vedere. Almeno a me. La luce del sole quasi al tramonto ha accompagnato limpida la mia passeggiata, il percorso sul tram e l'attesa al semaforo, sotto casa, riflessa nelle pozzanghere gonfie e nelle auto ripulite, loro malgrado, e ancora umide. In casa, il tramonto entra in camera da letto di prepotenza, e se guardo dalla finestra lo vedo sovrastare la strada trafficata, più dietro la fabbrica abbandonata della fiat, e i palazzi con le antenne, e alla fine, lontano, le Alpi, testardamente innevate.
E ogni tanto ho voglia di mare, nonostante tutto.

Valeria marzolina

venerdì 26 marzo 2010

raiperunanotte: il giorno dopo

E' durata 3 ore la diretta di Santoro e company da Bologna. Io l'ho vista da casa, comodamente seduta sulla poang ikea, sintonizzata su repubblicatv; avrei voluto andare in piazza Carlo Alberto, ma la pioggia torinese non mi ha facilitato il compito e le pantofole hanno vinto.
Lo ammetto, ho ceduto (appoggiata dal consorte) su Teresa de Sio, perdendomi gli ultimi dieci minuti - abilmente visti in differita: grazie dio youtube! - di Crozza, Vauro e Santoro santone in mezzo alla folla in delirio. Bilancio: sinusoidale. Momenti di approfondimento sinceramente bello, Piovani dal vivo mi ha fatto venire i brividi e il megapubblico, dentro e fuori, ha favorito un gongolamento compiaciuto. Molti momenti no, tuttavia: Morgan, vi prego, fatelo fuori, è inqualificabile. Arranca cercando di spacciarsi per intellettuale "io so' poeta e voi sapete di politica" (sottotesto: io, artista, non ho bisogno di leggere i giornali; voi, miserrimi tecnici, sarete sempre delle capre ignoranti incapaci di apprezzare il dolce deliquio dello spleen), il che mi fa vergognare abbastanza, visto che, volente o nolente, di cultura cerco di circondarmi ogni giorno. E anche la Teresa tarantellara, mio dio, che spettacolo impietoso. Quasi - e dico quasi - paragonabile alla deliranza di Alice nel paese di Burton.
Il resto, a tratti velato di una certa ridondanza, ma comunque fa piacere; mi è piaciuto Monicelli, rivoluzionario intrappolato in un corpo troppo vecchio (e, sì, troppo comodo), nonostante in studio abbiano voluto addolcirlo; mi è piaciuto, of course, Travaglio: sebbene i suoi interventi li avessi già letti sul web, sentirli dalla viva voce è sempre un'altra cosa; ho adorato Luttazzi, in pieno sfogo ottennale, liberatorio un pò per tutti, anche per quelli che di certo hanno arricciato il naso.
Postilla al tutto: mancava Bruno Vespa, sarebbe stato, a mio avviso, necessario e perfetto. Invece ci siamo accontentati di Emilio Fede in differita, banalotto e fuori fase, molto più del solito.

Valeria inabbonata rai.

giovedì 25 marzo 2010

Nessun ricordo del nome

O meglio, per essere più precisi e fedeli: «Nessun nome. Nessun ricordo oggi del nome di jeri; del nome d'oggi, domani. Se il nome è la cosa; se un nome è in noi il concetto di ogni cosa posta fuori di noi, e senza nome non si ha il concetto, e la cosa resta in noi come cieca, non distinta e non definita; ebbene, questo che portai tra gli uomini ciascuno lo incida, epigrafe funeraria, sulla fronte di quella immagine con cui gli apparvi e la lasci in pace e non ne parli più. Non è altro che questo, epigrafe funeraria, un nome. Conviene ai morti. A chi ha concluso. Io sono vivo e non concludo. La vita non conclude. E non sa di nomi, la vita. Quest'albero, respiro trèmulo di foglie nuove. Sono quest'albero. Albero, nuvola; domani libro o vento: il libro che leggo, il vento che bevo. Tutto fuori, vagabondo».

Il che, a dirla tutta, potrebbe sembrare strano e contraddittorio, visto che è proprio il nome a ritornare: Babele. Ma, come dire, non è più lui.
Posto che, intanto, i primi ostacoli al ritorno pedissequo si son palesati prima di subito: "babele", in quanto dominio, era già preso, e perdipiù, beffardo, da un individuo che si è fregiato di arricchire il web con un solo miserrimo post, nel lontano 2005. Vabbè, si dica: era destino.

Quindi, Babelebis, nonostante tutto.

E che ci faccio qui?
Concretizzo la voglia che mi frulla in testa da un pò, di ritornare a scribacchiare su ciò che mi capita di bello, di brutto, di bislacco e di inutile..
Perché mi appare chiaro vieppiù che la mia vita (quanta pomposità avventata! diciamo, prudentemente: la mia routine) è alquanto diversa dall'ultimo mio post, sul vecchio Babele. Diversa la città, l'attività, la compagnia, lo spirito. E i capelli, che ho tagliato.

Bon, come dicono qui (e - maledizione! - è efficace), spero che a qualcuno importi e che ogni tanto si diverta a passare da qui, per curiosare.

Valeria resort.