Ho finito di leggerlo da dieci giorni e da dieci giorni mi ripeto: devo scriverne. Mr Gwin è l'ultimo romanzo di Baricco. E già questo apre scenari bloggherecci molteplici, perché chi mi conosce da un numero a due cifre di anni sa che con questo scrittore ho avuto - e ho - un rapporto di odioamore, o meglio, nell'ordine, di curiosità, ammirazione, adorazione svergognata, idolatria, imitazione, distacco, fastidio, disprezzo, delusione, pena, prudenza e, in ultimo, dichiarata voglia di sputtanarne la tecnica.
Quello che di più ho amato di Baricco è la bravura lessicale e la capacità di avvolgerti fra le sue parole, come fa il boa constriptor con le spire.
Quello che più ho odiato di Baricco è la sua consapevolezza di detta bravura e la faccia tosta, la presunzione di pensare che chi lo legge non si accorga delle sue trovate e si lasci portare via per inerzia o ubriacatura.
Questo è il contesto. Diciamo del testo. Mr Gwin ha il merito non piccolo di avermi fatto cambiare sentimento nei confronti del suo Autore. Si badi: non sono tornata - e non intendo farlo - a nessuno di quegli adolescenziali atteggiamenti di cui dicevo prima, ma leggendo questa storia un nuovo sentimento mi si è palesato con forza: la tenerezza.
Baricco mi fa tenerezza, ma che buffo!
Sembra un bambino che vuole montare un giocattolo e non ci riesce.
Baricco vuole essere Calvino e non ci riesce.
Se qualcuno ha mai letto i Barnum di Baricco, forse ricorderà quello intitolato Palomar e Palomar. Era un articolo - il più bel pezzo mai scritto da Baricco, a mio parere, inclusi tutti i romanzi - sull'ultimo libro scritto da Calvino, Palomar appunto.«La prima pagina di Palomar è un uomo che guarda un' onda. E la descrive. Non come fosse un uomo: come se fosse uno strumento ottico. Chiunque sappia scrivere - voglio dire chiunque abbia con la scrittura un rapporto anomalo, straordinario e elettivo - conosce prima o poi quella tentazione. Astenersi dalla letteratura, e limitarsi a descrivere». Questo pezzo, se non sbaglio, è del 1994. Mr Gwin è tutto in questa frase. E' il tentativo spudorato - tenero! - di riuscire a fare ciò che faceva Calvino, senza poterci riuscire. E non perché siano sbagliati i presupposti, ma perché Baricco non ha gli strumenti. Non è, calvinianamente, «leggero», nonostante lo speri con una ferocia che fa paura.
Eppure, non mi sento di disprezzare questo sforzo. Ci sono pagine in Mr Gwin, in cui la carenza di leggerezza è supplita da quella capacità affabulatoria che da 14enne mi portava via e che, nonostante tutto, oggi mi seduce ancora, con dolcezza.
Da quel punto di vista privilegiato e adulto che mi permette di dire: posso smettere quando voglio.
Nessun commento:
Posta un commento