A volte si ha bisogno di una catarsi.
Immergersi nel nullafare più profondo, guardare ore di televisione al giorno, snobbare i pur minimi impegni e poltrire completamente è ciò che ho fatto io nell'ultima settimana.
Sarà che la prospettiva del prossimo mese (a partire da oggi) è di lavoro full time, sarà anche (soprattutto?) che il non avere cose da fare qui a Torino mi porta ad uno stato di straniamento. Sto troppo tempo senza parlare, in casa. E ogni tanto mi viene il dubbio di essere disadattata, antisociale.
Ma siamo sicuri che sono in grado di stare in mezzo agli altri, di creare relazioni, di darmi un tono, un'identità?
«Sto cercando la mia identità / sto capendo che così non va».
Non lo so. Quando questi pensieri si affollano, il desiderio è di scacciarli il più lontano possibile, di ignorarli non si sa quanto bene.
Eppure, ieri ho provato a vederla diversamente. Mi attende una cosa che non so fare, che - ammettiamolo - mi terrorizza un pò. Il primo impulso è stato di scappare a gambe levate... M il secondo, mitigato dall'orgoglio tutto mio e inestinguibile del "non è possibile che non sai fare qualcosa", mi spinge alla sfida, aggressiva e carica.
Quindi, vediamo di dare il La (le metafore musicali mi vengono bene da quando ho cominciato a suonare il clarinetto...) a questo Luglio ancora in checksound, e ripetiamoci (ripetiamomi) che sono pronta a partire.
Dietro le spalle appena poche ore di sonno nel mio letto, ancora occupato dal consorte che dorme beato. Il concerto dei Talco a Milano di ieri sera che ancora fischia nelle orecchie. Stasera Montepulciano, per l'ultima volta.
E poi si va.
Che grande melodia!
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