Che vuol dire - prendendo a prestito Guccini e la sua quasi omonima Canzone quasi d'amore - "non starò più a cercare parole che non trovo / per dirti cose vecchie con il vestito nuovo", ovvero, fuor di metafora, non ho intenzione di colmare il buco di 14 mesi che si staglia fra questo post e il suo più recente compagno con un riassunto in html di ciò che è successo nell'intanto.
Che tanto, a me non va e ai più non gliene frega poi molto.
Dice "Ma allora perché sei tornata?"
Eh, bella domanda.
Perché mi è successo più volte e ultimamente con una certa, sintomatica frequenza, di vedere o pensare a cose che capitano e che mi capitano e di sentire un istinto cerebrale che arriva da lontano, una voglia, no una volontà, una voce ben chiara nella testa che dice: Scrivine.
Dice "Ma allora perché sei stata via 14 mesi?"
Perché, perché... perché, come in tutte le relazioni emotive, ci sono stati momenti di noia, di falsa o nulla ispirazione, di disaffezione pure, diciamocelo. E perché la costanza è difficile da avere, il tempo non c'è mai quando ne avresti bisogno o ce n'è tanto da farti sentire in colpa, e perché non becchi l'attimo fuggente, perché ti dà fastidio vederti scritta, perché arriva la pigrizia.
Un po' come quando devo prendere la bici e magari il tempo promette pioggia: non ne ho voglia, sulle prime, ma poi, col vento in faccia, la temperatura giusta che non ti fa avere freddo ma neanche sudare, la poca gente per strada, alla fine mi sento bene, mi sento meglio. Meglio di prima.
Dice "See vabbè, non me la conti giusta..."
Ok, ok, c'è dell'altro.
C'è che fra i mille lavori più o meno impegantivi e soddisfacenti che faccio, uno in particolare si caratterizza per la presenza indomita, estenuante e monolitica di tempi morti. Quintali di secondi che devo passare in attesa e allora che faccio? Sbircio siti qui e lì, leggo, mi informo, il più delle volte semplicemente cazzeggio curiosando nei blog altrui, e quello che è successo è che mi è salita su un'invidia grassa e un'ansia di esserci anch'io, di tornare a esserci anch'io, perché checcavolo io un blog ce l'ho da quel dì ed è ora di ridargli una dignità, sia pure minima e superflua, ché un blog di più non è che possa sperare.
E poi c'è la vanità, oh la pura e malcelata vanità! Quella che mi fa godere nel prendere forma in parole scritte, e si amplifica nel saperle lette, e si culla nel rileggersi... Così è: ad altri la nicotina, a me questo!
Mi piace avere la possibilità di arredare questo spazio, questo posto.
Un Post(o) quasi d'Amore.
e allora ben tornata! :D
RispondiEliminaGrazie ;)
EliminaCondivido dannatamente la vanità di cui parli alla fine. Maledetta vanità di vedersi rappresentati da caratteri ben disposti, e odiosa goduria nel rileggersi, crogiolandosi nelle parole con autocompiacimento.
RispondiEliminaOh, sì! L'essenziale è solo esserne consapevoli.. :)
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